Aggiornamento 20-nov-2018

 

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L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile

Saldare gli obiettivi del Millennio con i nuovi obiettivi dello sviluppo sostenibile e con l'accordo di Parigi

 L'Agenda 2030 e il processo di definizione degli indicatori di Sviluppo Sostenibile (SDG)

I lavori dell'ECOSOC e dell'High Level Political Forum                                              Gli SDG  i target e gli indicatori

Il sito dell'ASviS, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile

 

L'Agenda 2030 concordata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite rappresenta un importante risultato nello sviluppo di obiettivi condivisi per tutta l'umanità. Gli SDG, i Sustainable Develpment Goal,  sono stati approvati da tutte gli Stati membri delle Nazioni Unite e includono i pilastri economici, sociali e ambientali dello sviluppo sostenibile. Tuttavia, mancano di un obiettivo generale, di una scala di priorità e di un indice aggregato di progresso efficace verso quell'obiettivo. Si potrebbe obiettare che tale indicatore aggregato non è necessario o possibile e che il perseguimento degli obiettivi individuali sarà sufficiente per raggiungere i risultati dello sviluppo sostenibile. Questo potrebbe essere vero se gli obiettivi fossero indipendenti tra loro e se tutti avessero pari contribuito allo stesso obiettivo. Ovviamente questo non è il caso, specialmente nel contesto delle situazioni  molto diversificate in ogni paese. Un indice aggregato può dare effettivamente conto del contributo relativo di ciascuno degli SDG, delle interazioni tra SDG e dell'effetto delle interazioni sui progressi complessivi. Riteniamo necessario lo sviluppo di un modello sottostante basato sulla dinamica dei sistemi per valutare le interazioni e le sinergie su spazio e tempo, comprendendo stock e flussi, cause ed effetti. È anche necessario sviluppare un quadro di riforme politiche e di cambiamenti sociali che rendano possibile il raggiungimento degli SDG a livello nazionale e globale. Nell'attuale mondo interconnesso, gli SDG non possono essere raggiunti senza un benessere sostenibile a livello globale (Contributo di Robert Costanza e Enrico Giovannini, Ecological Economics, 2016, > leggi)

I documenti dell'Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile

2015, 1 settembre. In data di oggi l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione A/69/315 (> scarica il testo) con la quale ha trasmesso l'Agenda 2030 alla 70° sessione assembleare di fine settembre. L'Agenda è per ora formalmente provvisoria ed ha il titolo "Transforming our World: the 2030 Agenda for sustainable development" (> scarica il testo dell'Agenda 2030 e vai alla presentazione in questa stessa pagina).

Non può non tornare alla mente l'Agenda 21 di Rio de Janeiro, dopo 23 anni.

Ma questa Agenda 2030 è molto più concisa ed operativa: è definita come un piano d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità. mira anche a rafforzare la pace universale e la libertà. Sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, soprattutto la povertà estrema, è la più grande sfida globale oltreché un dettato stringente per la sostenibilità. La lotta ai cambiamenti climatici è lasciata alla competenza della Convenzione climatica UN FCCC, ma è il primo degli obiettivi ambientali dell'Agenda 2030.

2015, 16 luglio. La Conferenza di Addis Abeba per il finanziamento dello sviluppo sostenibile (FfD), licenzia un documento di accordo che contiene i criteri per sostenere finanziariamente l'Agenda 2030 (> vai al resoconto in questa pagina)

2015, 7 luglio. L'agenzia inter-governativa delle Nazioni Unite (IAEG-SDGs), incaricata di sviluppare gli indicatori per il follow-up dell'agenda 2030 e degli SDG, pubblica una prima lista di indicatori, la "List of proposals" nella quale accanto a indicatori selezionati come preferiti, vengono rese pubbliche le proposte principali degli organismi competenti a livello internazionale (> scarica la lista). Il 15 settembre la stessa Agenzia pubblica una raccolta dei suggerimenti pervenuti (> scarica il rapporto).

2015. Seguendo la traccia del rapporto prototipo del 2014, questo "Global Sustainable Development Report (GSDR" viene pubblicato nel contesto dell'iter di approvazione dell'Agenda 2030. Il Rapporto risponde al mandato di Rio + 20  di contribuire a rafforzare l'interfaccia scienza-politica (SPI) per lo sviluppo sostenibile, in particolare nel contesto dell'attività del Forum politico ad alto livello (HLPF > vai alla pagina) per la governance dello sviluppo  sostenibile.


Il Rapporto si chiede in che misura la comunità scientifica sia preparata a comunicare il tipo di problem solving e delle politiche integrate e multi-dimensionali  che saranno necessarie per
l'attuazione dell'Agenda 2030. Il rapporto è stato progettato come un assessment degli assessment, sullo stile degli AR dell'IPCC, piuttosto che come strumento per la ricerca di nuove soluzioni (> scarica il Rapporto 2015).

Il Rapporto è costruito sulla base di uno studio sperimentale pubblicato nel 2014: "Global Sustainable Development Report. 2014 prototype edition" (> scarica il rapporto 2014)

2015. L'ICSU e  l'ISSC pubblicano un Rapporto di analisi scientifica degli SDG: "2015 ICSU Review of Targets for the Sustainable Development Goals:The Science Perspective" (> scarica il Rapporto).

In contemporanea anche l'OECD pubblica un Rapporto sulla coerenza politica ed istituziobnale degli SDG e dei relativi target (> scarica il Rapporto OECD)

2014, 6 dicembre. Il Documento del Segretario Generale delle Nazioni Unite UN A/69/700 viene reso pubblico come sintesi per l'avanzamento della discussione dell'Agenda post-2015 con il titolo: "The road to dignity by 2030: ending poverty, transforming all lives and protecting the planet". Il rapporto propone un insieme integrato di sei elementi essenziali: la dignità, la gente, la prosperità, il pianeta, la giustizia, e il partenariato.(> scarica il documento)

2014, 12 agosto. I copresidenti dell'Open Working Group, OWG, che prepara gli SDG, trasmettono con il documento UN A/68/970 in risultati del lavoro del gruppo all'Assemblea Generale. Il documento ha titolo: "Report of the Open Working Group of the General Assembly on Sustainable Development Goals" (> sacrica il documento)

2014, 17 luglio. Viene resa nota la proposta finale dell'OWG (> vai alla pagina) che contiene i 17 SDG con i 169 target e i MOI.

Il documento è di grande importanza perché la proposta verrà adottata dall'Assemblea Generale e non si modificherà fino alle soglie del Summit di settembre 2015 sullo sviluppo sostenibile che approva l'Agenda 2030 (> scarica il rapporto)

2014, 20 marzo. Ormai giunta a conclusione la negoziazione sugli SDG, cominciano ad essere pubblicati rapporti e studi di analisi critica e di suggerimenti. Il Leadership Council della Sustainable Development Solutions Network (SDSN) pubblica il Rapporto "Indicators and a Monitoring Framework for the Sustainable Development Goals. Launching a data revolution for the SDGs". (> scarica il Rapporto)

2013, 27 febbraio. La Commissione europea pubblica il Rapporto "A decent life for all. Ending poverty and giving the world a sustainable future" che contiene le proposte europee per l'Agenda post 2015 (> vai alla presentazione)

2012, 17 Dicembre. L'ONU pubblica un primo documento di resoconto denominato Secretary-General’s Initial Input to the Open Working Group on Sustainable Development Goals dei risultati della consultazione intrapresa sugli SDG e sull'Agenda post-2015 per lo Sviluppo sostenibile (> vedi la sintesi).

2012, 15 Novembre. L'Unione Europea fa conoscere una sua risposta preliminare e alquanto modesta al Questionario. Un breve commento alla risposta Europea, vincolante anche per l'Italia, si trova in questa pagina nella colonna di destra (> vedi la sintesi).

2012, 28 Settembre.  Con una lettera del Segretariato la UN DESA, a partire dal Rapporto ONU del giugno 2012, sottopone agli Stati membri il questionario Questionnaire related to the development of Sustainable Development Goals. Si tratta di uno strumento preliminare per condurre le consultazioni con i governi nazionali in materia di SDG per avere un contributo   alle consultazioni nazionali delle Nazioni Unite sull'Agenda di sviluppo post-2015. Le risposte degli Stati membri confluiranno in un rapporto preparato come input iniziale da parte del Segretario generale ONU al Gruppo di lavoro aperto sugli SDG.

2012, luglio. Uno studio dell'UN DESA, DESA Working Paper No. 117;  ST/ESA/2012/DWP/117, conduce una analisi della storia e dei risultati dei Millennium Development Goals, gli obiettivi indicati dal Segretario Generale ONU per segnare la strada dell'attuazione dei Principi espressi dall'Assemblea Generale del Millennio. Lo studio è uno strumento del massimo interesse per comprendere le dinamiche MDG in relazione ai problemi dello sviluppo e della lotta alla povertà, in vista della transizione  verso gli obiettivi più generali per lo sviluppo sostenibile, che comporta l'obiettivo 2015 con lo sviluppo dei nuovi indicatori globali, gli SDG. Per la rilevanza del contributo DESA il Comitato scientifico della Fondazione ne ha predisposto la traduzione in italiano (Flavia Li Chiavi: Deve continuare, e come, la assegnazione di obiettivi universali dopo il 2015?). Per le bibliografie, essenziali per seguire le argomentazioni, il testo italiano rimanda al testo in lingua originale Should global goal setting continue, and how, in the post-2015 era?

2012, Giugno. il Rapporto delle Na-zioni Unite UN TT dal titolo Realizing the Future we want for All avvia il processo di implementazione del pro-gramma di Rio+20.

Per realizzare il futuro che vogliamo per tutti, sarà richiesto un elevato grado di coerenza delle politiche a livello globale, regionale, nazionale e sub-nazionale. Nel fissare l'ordine del giorno, va riconosciuto che per ora non ci sono progetti e che è tramontata l'idea che il percorso sia lo stesso per tutti. Si dovrà lasciare ampio spazio per le politiche nazionali senza rinunciare alla guida della visione globale e dei principi dello Sviluppo sostenibile.

2012, 30 Gennaio.  il Rapporto Resilient People, Resilient Planet: a future worth choosing, commissionato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha richiesto un anno di lavoro da parte di un Panel di esperti di 22 paesi ed ha l’ambizione di rinnovare la tradizione del Rapporto Brundtland. Si sviluppa in 267 paragrafi che prendono in consi-derazione tutto l'arco delle proble-matiche che verranno discusse a Rio+20. Il rapporto contiene 56 raccomandazioni suddivise in tre temi (> vedi la Lista delle raccomandazioni)

 

 

2 Ottobre 2017: Approvata dal Consiglio dei Ministri la nuova Strategia Italiana per lo Sviluppo sostenibile

Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, aveva preso in luglio l'impegno di spostare lo sviluppo sostenibile alle competenze del Governo. Tale risultato non era riuscito al Ministero dell'Ambiente nè nel 1992 a valle di Rio de Janeiro quando varò  il primo "Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21", approvato dal CIPE nel 1993 e nemmeno alla vigilia del Summit di Johannesburg del 2002 quando fu approvata dal CIPE la  "Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia 2002-2010", sviluppata mediante un progetto affidato dal Ministro Ronchi all'ENEA in esito alla Conferenza nazionale dell'energia del 1998. Tale Strategia, conformata al modello Europeo dei Programmi Europei di azione ambientale (la sesta versione EAP è del 2001) è rimasta nominalmente in vigore per un quindicennio. Partendo dall’aggiornamento del documento del 2002, il Ministero dell’Ambiente, a ciò incaricato dalla Legge n° 221 del 28 dicembre 2015, Collegato Ambientale della Legge di stabilità, ha sviluppato la nuova Strategia nazionale, SNSvS,  con l'ambizione di dare allo sviluppo sostenibile una governance centrale, una prospettiva più ampia e un quadro strategico di riferimento delle politiche settoriali e territoriali in Italia, disegnando al contempo un ruolo importante per istituzioni e società civile nel percorso di attuazione che si conclude nel 2030.

Il modello della Strategia è ora l'Agenda 2030 e i suoi obiettivi sono gli SDG. Il percorso di definizione della SNSvS ha preso avvio all’inizio del 2016, con l’elaborazione del “Posizionamento dell’Italia rispetto all’Agenda 2030”, un primo tentativo di verifica della distanza del nostro Paese dai target posti dall’Agenda. Si autodefinisce “Lo strumento principale per la creazione di un nuovo modello economico circolare, a basse emissioni di CO2, resiliente ai cambiamenti climatici e agli altri cambiamenti globali”. Per orientare nella giusta direzione gli sforzi di questa transizione economico-ambientale, la SNSvS definisce 5 aree di intervento, le 5P – Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership -, ognuna delle quali è composta da  un sistema di scelte strategiche declinate in obiettivi nazionali. All’approvazione in CdM, seguirà ora una seconda fase, coordinata dalla Presidenza del Consiglio, per quantificare i target, individuando metodi condivisi per il loro monitoraggio e per la valutazione del contributo delle politiche attuali e future al loro raggiungimento. Le 5P viste in dettaglio sono: Persone - Azzerare la povertà e ridurre l’esclusione sociale eliminando i divari territoriali, garantire le condizioni per lo sviluppo del potenziale umano, promuovere la salute e il benessere; Pianeta - Arrestare la perdita di biodiversità, garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, creare comunità e territori resilienti e custodire i paesaggi; Prosperità - Finanziare e promuovere ricerca e innovazione, garantire piena occupazione e formazione di qualità, affermare modelli sostenibili di produzione e consumo e decarbonizzare l’economia; Pace - Promuovere una società non violenta e inclusiva, eliminare ogni forma di discriminazione, assicurare la legalità e la giustizia; Partnership - Governance, diritti e lotta alle disuguaglianze,  migrazione e sviluppo, salute, istruzione, agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare, ambiente, cambiamenti climatici ed energia per lo sviluppo, salvaguardia del patrimonio culturale e naturale e il settore privato.

Ora che la Strategia è stata approvata ufficialmente, con una visione di tale profondità, ci si aspetta che il Governo rispetti l’impegno di predisporre  la direttiva e un documento che dettagli la Strategia, indicando target quantitativi e strumenti attraverso cui conseguirli, in primis la Strategia energetica nazionale, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e la Strategia per l’economia circolare, tutti documenti in fase di consultazione. (> vai alla pagina degli indicatori)

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       28 Settembre 2017:  Pubblicato il secondo Rapporto sull'attuazione dell'Agenda 2030 in Italia

Il Rapporto 2017, secondo della serie, editato da Enrico Giovannini (in figura), portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASVIS), è stato presentato il 28 Ottobre in Parlamento. Anche quest'anno il Rapporto conferma che, nonostante i progressi compiuti in alcuni campi nel corso degli ultimi anni, l’Italia continua a non essere in una condizione di sviluppo sostenibile come definita dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata, il 25 settembre del 2015, dai 193 Paesi dell’ONU. E non sarà in grado di centrare né i target da raggiungere entro il 2020, né quelli fissati al 2030, a meno di un cambiamento radicale del proprio modello di sviluppo. In assenza di tale cambiamento, nonostante il ritorno della crescita economica misurata in termini di Prodotto interno lordo, povertà, disuguaglianze e degrado ambientale, tanto per citare alcuni fenomeni di maggiore rilievo, non verranno ridotti in misura adeguata.

Rispetto ai 17 SDG, la situazione italiana presenta progressi, ma anche gravissimi ritardi, soprattutto nell’adozione di strategie fondamentali per il futuro del Paese, da quella energetica a quella per la lotta ai cambiamenti climatici. Peraltro, molti dei provvedimenti presi negli ultimi dodici mesi, pur andando nella giusta direzione, non sembrano in grado di assicurare il raggiungimento degli SDGs e di rispettare gli impegni internazionali presi dall’Italia (come quelli sulla povertà, sulla riduzione delle emissioni e sulla qualità degli ecosistemi). Come segnalano gli indicatori compositi presentati per la prima volta in questo Rapporto, nel corso degli ultimi anni si registra un miglioramento per obiettivi come fame e alimentazione, salute e benessere, educazione di qualità, uguaglianza di genere, infrastrutture resilienti, modelli sostenibili di consumo, mitigazione dei gas serra, tutela dei mari e giustizia per tutti). C'è al converso un sensibile peggioramento povertà, gestione delle acque, disuguaglianze ed ecosistema terrestre, mentre la situazione resta statica per energia, occupazione, città sostenibili e cooperazione internazionale. Le distanze dagli altri Paesi europei restano molto ampie, per non parlare delle forti disuguaglianze territoriali, socio-economiche e di genere presenti in Italia, in evidente contrasto con l'impegno dell’Agenda 2030 “che nessuno resti indietro". (> leggi tutto)

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5 maggio 2016: La Peccei Lecture di Enrico Giovannini sull'Agenda 2030

La Peccei Lecture del cinquantenario del WWF è stata affidata ad Enrico Giovannini, portavoce dell'ASVIS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile,  già Ministro del lavoro del Governo Letta e, prima ancora, Presidente dell'ISTAT.

Il momento scelto è quello giusto, a valle del lancio dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato all'unanimità nel settembre del 2015 a New York in continuità ideale con l'Agenda 21 di Rio de Janeiro e con gli Obiettivi del Millennio, gli MDG,  giunti nel 2015 alla verifica definitiva. L'Agenda 2030 si articola su 17 nuovi Obiettivi (SDG), ciascuno strutturato con i propri target e con i necessari indicatori. Il 13° SDG comprende gli obiettivi della lotta al cambiamento climatico, nella forma  concordata nel dicembre 2015  dalla COP21 di Parigi.

Enrico Giovannini ha scelto di porsi in prima linea per la promozione dell'Agenda 2030 in Italia nella politica e nella società. La sua lezione magistrale registrata può essere ascoltata o scaricata da questi siti assieme al pdf della presentazione:

Ascolta la Peccei Lecture di Enrico Giovannini sull'Agenda 2030

Scarica la presentazione della Peccei Lecture di Enrico Giovannini

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25-28 settembre 2015: Il Summit 2015 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile

 

 

Valutazioni conclusive

Chi non ricorda i 27 principi di Rio e l’Agenda 21? Si tratta di documenti che hanno segnato una generazione: basti pensare al gran numero di Agende 21 locali prodotte in Italia (meno altrove) e alle due Agende 21 nazionali del 1993 e del 2002. Il Summit della terra di Rio de Janeiro 1992 ha effettivamente innescato il mainstreaming dello sviluppo sostenibile (> vedi) nelle politiche mondiali, ma, in fin dei conti, il fronte del cambiamento delle politiche e delle culture è avanzato con fatica e con risultati contraddittori, come di tutta evidenza è accaduto nella lotta ai cambiamenti climatici - emissioni globali al +30% rispetto al 1990, invece che ridotte (Ronchi, 2015) - o nell’erogazione degli aiuti allo sviluppo - 3 circa contro il 7 per mille prescritto ben prima di Rio (OECD, 2014).

A fronte della ricchezza della visione dello sviluppo sostenibile di Rio, in questi anni abbiamo registrato una governance del processo molto debole e il fiorire di diatribe, nella società civile e tra addetti ai lavori, spesso superflue rispetto alla grandezza degli insegnamenti di Rio. Senza un’Agenzia globale per lo sviluppo delle Nazioni Unite, la sostenibilità è rimasta nelle mani di organismi di basso profilo, frequentate, nel migliore dei casi, dai ministri dell’ambiente ma mai da quelli dell’economia o del lavoro, né mai dai capi di governo. Questi ultimi si sono visti soltanto nelle scadenze decennali dei grandi Summit delle Nazioni Unite post Rio. È sembrato perciò fallimentare soprattutto il progetto di tenere incardinate le politiche mondiali dello sviluppo sostenibile sui tre pilastri: economia società ed ambiente.

Non sono mancate le contraddizioni in seno alle Nazioni Unite, come del resto in seno alla Comunità europea. Così come, al di là dei riconoscimenti formali,  i piani di azione ambientale non sono apparsi in linea con le strategie di sviluppo in Europa – Lisbona 1 e 2 fra le altre – anche la grande iniziativa del Millennio delle Nazioni Unite è nata con logiche e da ambienti del tutto differenti dallo sviluppo sostenibile. Nel 2000 i leader della terra concordarono in Assemblea Generale 8 Millennium Development Goal (> vedi), con precisi target a scadenza quindicennale, con un approccio essenzialmente socio ambientale, un indirizzo esplicitamente rivolti ai paesi più poveri e con definizioni climatico-ambientali che non si fatica a definire marginali. Nel Rapporto di assessment 2015 degli MDG, che sarà l’ultimo della serie, vengono riconosciuti importanti progressi, in particolare nella riduzione della povertà estrema dimezzata secondo gli obiettivi e,  parzialmente, nell’accesso all’istruzione e alla salute. Ma, nella Conferenza finale di Oslo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha dovuto ammettere che siamo  ancora lontani dagli obiettivi del Millennio nella gran parte dei casi e, gravemente per il clima e il degrado ambientale.

L’urgenza di ricomporre il quadro politico generale dello sviluppo sostenibile è stata la sfida principale di cui si è fatto carico il Summit di Rio+20 del 2012. La risposta corre su due piani paralleli: ritrovare la coerenza tra economia società ed ambiente e ristabilire un quadro di governo globale per lo sviluppo sostenibile. La prima questione trova la sua chiave risolvente nella green economy, un nuovo tipo di economia inclusiva, capace di crescere eliminando le emissioni di carbonio, ricostituendo l’ambiente degradato e assicurando più occupazione di qualità in un mondo percorso da crisi tutt’altro che congiunturali. La green economy, in uscita dal Summit di Rio+20, si è arricchita di ulteriori valori sociali laddove, con la formula “Green economy in the context of sustainable development and poverty eradication”,  si prescrive che la transizione economica  venga accompagnata dalla eradicazione della povertà e da un modello differenziato di sviluppo che tenga conto delle specificità , delle capacità e dei livelli di sviluppo di ogni popolo.

La complessa questione della governance dello sviluppo sostenibile, che non è solo un problema di equilibri interni alle Nazioni Unite,  è stata risolta, almeno parzialmente, potenziando l’UNEP, il Programma globale per l’ambiente, rendendolo rappresentativo di tutti i paesi e potenziandone il finanziamento. Viene eliminata la vecchia CSD e la responsabilità del governo viene affidata all’ECOSOC, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, anche attraverso la costituzione di un High Level Political Forum, HPLF, un nuovo panel intergovernativo investito delle più alte responsabilità (> vedi). Si deciderà che l'HLPF tenga riunioni annuali a livello di capi di Stato, ed ogni quattro anni in convocazione ECOSOC. Ma quel che più conta è che si decide di portare a compimento gli obiettivi del millennio (MDG) assorbendoli in un ulteriore piano quindicennale per obiettivi che sarà poi sviluppato in un processo negoziale in ambito UN, con la costituzione di un Open Working Group, OWG (> vedi), per la definizione di nuovi, concreti obiettivi integrati per lo sviluppo sostenibile. Di qui nasce l’Agenda 2030, approvata dal Summit ad alto livello sullo sviluppo sostenibile dalla 70° Assemblea Generale del settembre 2015, di cui stiamo qui riferendo. La nuova Agenda poggia sui principi già stabiliti da Rio in poi, ma li inserisce in un concreto ed integrato progetto di implementazione che si basa su 17 obiettivi (SDG), 169 target e una serie di prescrizioni operative (MOI) che devono andare a compimento entro il 2030. Il Summit ratifica anche la nuova Agenzia statistica per la definizione degli indicatori (IAEG-SDG) attraverso i quali sarà controllata l’attuazione dell’Agenda 2030 in tutto il mondo, integrandola con gli uffici statistici laddove esistono e incaricandola di sviluppare le capacità necessarie per raccogliere i dati laddove non esistono ancora.

Il quadro è così completo. Naturalmente per essere l’Agenda 2030 il viatico reale per un mondo migliore occorre fare i conti con  la retorica che sempre grava sui processi delle Nazioni Unite e li indebolisce, ma soprattutto con la capacità del sistema dei negoziati paralleli della Convenzione UNFCCC sul clima, che culminerà con la COP 21 di Parigi 12015. I delegati della 70° Assemblea Generale sanno, e noi tutti sappiamo bene, che se non si riuscirà ad approvare il nuovo patto universale contro i cambiamenti climatici, il contraccolpo su Agenda 2030 sarà così forte da vanificarla. Questa affermazione significa in poche parole che il primo ed ineludibile obiettivo di Agenda 2030, oltretutto a molto breve termine, è il patto climatico di Parigi.

Gli scettici fanno notare la sproporzione dell’ambizione del preambolo dell'Agenda con la vaghezza di alcuni obiettivi e traguardi. La povertà estrema sarebbe sradicata entro il 2030; i limiti planetari della terra non sono menzionati; c’è un’insistenza quantomeno eccessiva sulla crescita economica; non esiste un linguaggio chiaro sulla decarbonizzazione della produzione, il trasporto e i consumi; i diritti umani sono citati nel preambolo e nella dichiarazione, ma sono poco evidenti come elementi guida degli obiettivi e dei target; nessun calendario è fissato per il raggiungimento della parità di genere. Queste carenze del programma, tuttavia, si verificano in settori che sono contrassegnati da polemiche non solo tra gli Stati, ma anche all'interno di molti paesi, ed è già molto chhe un accordo negoziale sia stato raggiunto.

Ma più temibile dello scetticismo dei duri e puri è la evidente sottovalutazione della portata dell’Agenda 2030 da parte dei governi. Il nostro capo del governo, domenica  27  all’Assemblea Generale ha dedicato 45 parole allo sviluppo sostenibile in 20 minuti di intervento: “L’Italia è al fianco del Segretario Generale Ban Ki-moon mobilitandosi perché le Conferenze di Lima (!?) e di Parigi abbiano successo… Con l’adozione dell’Agenda 2030 l’Italia accetta la sfida delle 5p: people, prosperity, partnership, planet e peace, le 5p che riconoscono e ispirano la nostra politica per il futuro”. Anche l’opacità e la vista corta dei media è un pericolo grave. Nei giorni del Summit sui giornali italiani si trovavano poche righe, generalmente dedicate alle maggiori urgenze dei migranti e della guerra all’Isis.

Per andare sinteticamente alla cronaca del Summit di New York e delle sue fasi preparatorie, documentate nel seguito di questa pagina, ricordiamo la serie di otto sessioni negoziali di una settimana per preparare il vertice delle Nazioni Unite. La prima sessione di gennaio ha esperito un inventario sui punti di vista dei governi. La seconda sessione di  febbraio è stata incentrata sulla dichiarazione che apre il documento finale del vertice. La sessione includeva anche un briefing con il Direttore della Divisione Statistica delle Nazioni Unite per quanto riguarda lo sviluppo degli indicatori per gli SDG. La terza sessione di marzo ha discusso gli SDG, i target e i limiti di tempo per lo sviluppo degli indicatori. La quarta sessione prepara la Conferenza di Addis Abeba per il finanziamento, FfD 3, con i rappresentanti della Banca Mondiale e dell’IMF. Esamina le proposte per la creazione di un meccanismo di facilitazione degli scambi scientifici e tecnologici e i temi dell'innovazione; il rapporto tra FfD 3 e post 2015; i processi il follow-up, la revisione dei mezzi di attuazione e la coerenza tra i documenti finali dai due processi. La quinta sessione di maggio 2015 prosegue sulla stessa falsariga e introduce sei temi per i dialoghi interattivi paralleli al Summit . La sesta sessione di giugno dà modo alle delegazioni e alla società civile di presentare proposte ed emendamenti al progetto zero del documento finale, che comprende un preambolo, una dichiarazione politica, i 17 SDG e gli obiettivi di supporto, una sezione sulle modalità di attuazione e il partenariato globale e una sezione su un quadro per il follow-up e la revisione. La sessione finale dei negoziati di luglio discute il progetto di documento a partire dall’8 luglio, concludendo i lavori solo il 2 agosto licenziando il documento finale  dal titolo "Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” (> scarica il testo) che contiene il preambolo, la dichiarazione, i 17 SDG con 169 target, i mezzi di attuazione (MOI), lo schema per un partenariato globale e un quadro per il follow-up e il riesame dello stato di attuazione dell’Agenda.

L’Agenda 2030, nel testo di agosto, viene approvata per acclamazione in Assemblea Generale alle 11:46 di venerdì 25 settembre. Fanno seguito le dichiarazioni dei leader in plenaria e sei sessioni parallele di discussione tematica, due per ognuno dei tre giorni del Summit. Precisamente:

  • Porre fine alla povertà e alla fame nel mondo (> resoconto) 

  • Affrontare le diseguaglianze, più potere per le donne e le giovani senza lasciare nessuno indietro (> resoconto)

  • La transizione verso una sustainable green growth  e la promozione  di modelli sostenibili di produzione e consumo. Questa sessione si è occupata in realtà poco di crescita quanto piuttosto di occupazione, parità di genere e diritti civili (> resoconto)

  • Rilanciare e attuare una partnership globale. La sessione chiede tra l’altro una compliance per il rispetto del 7 permille negli ODA (> resoconto)

  • Realizzare istituzioni efficaci e trasparenti per la governance dello sviluppo sostenibile (> resoconto).

Particolare rilievo ha l’ultimo dialogo sul clima: “Proteggere il pianeta e combattere il cambiamento climatico”,  co-presieduto dal Presidente peruviano e da François Hollande. Nell’intervallo di questa sessione Ban Ki-moon ha promosso un lunch informale di un gruppo di capi di Stato e di governo per promuovere lo sforzo comune in vista della Conferenza di Parigi.

Nella sessione tematica Hollande ha osservato che il riscaldamento del pianeta non si fermerà nemmeno dopo un accordo a Parigi. Ha riferito che  sono stati ricevuti finora 80 INDC (impegni nazionali volontari di mitigazione), e ha ricordato che tutti gli INDC devono essere ricevuti entro la fine di ottobre. Nella discussione è emerso che:

  • gli INDC presentati finora sono a basso contenuto di ambizione;

  • la Conferenza di Parigi deve concordare un accordo giuridicamente vincolante;

  • l'obiettivo dei 2 °C non è sufficiente (Parlamento europeo e altri).

Molti relatori hanno delineato le iniziative di mitigazione o adattamento al cambiamento climatico intraprese a livello nazionale. Tra essi il Green Act italiano. La stessa Italia ha chiesto un meccanismo con responsabilità chiare e solide per il senso di appartenenza, la consapevolezza e l'azione. Occorre che le Nazioni Unite ripensino il loro sistema in una forma più integrata e coerente con gli SDG e la sfida energetica può diventare un'opportunità, investendo nelle energie rinnovabili (UNEP). Il pacchetto di finanziamento del Fondo per il clima è molto importante e i combustibili fossili non dovrebbero essere sovvenzionati (Parlamento europeo). L'agenda 2030 sarà compromessa se non si sarà capaci di ottenere un risultato significativo a Parigi (Climate Action Network). Il percorso del negoziato degli SDG può ben essere d’esempio per la conduzione della COP 21 (Repubblica Ceca)

Nella sua sintesi del dialogo, il co-presidente peruviano ha detto che i delegati chiedono coerenza tra le risposte al il cambiamento climatico e lo  sradicamento della povertà. Egli ha sottolineato che la decarbonizzazione è una priorità per i paesi con i livelli maggiori di emissioni di gas serra, notando l'importante ruolo dell’energia rinnovabile e dell'efficienza delle risorse. Ha detto che la presentazione di piani nazionali ambiziosi di riduzione delle emissioni e mitigazione del loro impatto, sarà per tutti i paesi un chiaro segnale che ci potrà essere un successo nei negoziati di Parigi. La volontà generale, ha concluso, è di spuntare un accordo globale, ambizioso e giuridicamente vincolante, orientato a limitare l'aumento della temperatura a 2 °C o al più al di sotto 2.5 °C.

Esaurite le dichiarazioni e i resoconti dei dialoghi, il Summit viene concluso formalmente alle 19:28 di domenica 29 settembre.

Ci corre l’obbligo di testimoniare la sensazione di molti dei 9000 partecipanti al vertice che la negoziazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) è stata la chiave del successo del Summit. Essa si è svolta nel corso di un periodo di glaciale lentezza dei progressi in altri negoziati multilaterali sull'ambiente. Come tale, il Summit non era solo un momento di speranza, ma anche l'occasione per riflettere sugli elementi che potrebbero estendere tale successo. Se lo scopo dell’OWG era non solo elaborare un insieme di SDG, ma anche di accrescere il senso di appartenenza e di  proprietà universale delle finalità e degli obiettivi, si può chiaramente parlare di un successo. Nel corso del Summit, molti hanno elogiato l'esperienza e la leadership dell’OWG, e hanno dichiarato la soddisfazione di essere stati coinvolti nel processo.

Il mandato di Rio + 20 era per una composizione della OWG con solo 30 posti, ma questa configurazione è stata allargata per accogliere i 70 Stati membri che hanno voluto partecipare: i seggi sono stati condivisi da paesi non sempre nella stessa situazione geopolitica né sempre con interessi comuni. Questa composizione insolita, fatta da 30 piccoli gruppi di paesi, chiamati anche troike, è stata accettata  con lo scopo di avere discussioni facilitate e per favorire la rottura delle posizioni tradizionali ed arrivare a soluzioni consensuali innovative.

Dai discorsi in occasione del Summit, è stato chiaro che l’attuazione degli SDG è già iniziata; il senso di appartenenza al risultato negoziato si è trasformato in un vero e proprio impegno delle parti interessate per attuare l’Agenda 2030. Molti governi hanno riferito di aver già adottato misure per valutare con i loro ministeri come saranno attuati gli SDG. Altri hanno detto di aver fatto riferimento agli SDG mentre sviluppavano i loro INDC per affrontare il cambiamento climatico. Molte organizzazioni intergovernative e non governative hanno elencato gli SDG già facenti parte dei loro mandati. Rappresentanti del settore privato hanno riferito di aver già iniziato a utilizzare gli SDG per loro proprie valutazioni di sostenibilità.

Dal marzo 2016 i 17 goal e i 169 target saranno integrati da un set di indicatori attualmente in fase di sviluppo da parte della Commissione statistica delle Nazioni Unite la IAEG-SDG (> vedi). Questi indicatori hanno il potenziale di verificare quali obiettivi sono sulla buona strada e dove dovrebbero essere spesi gli ulteriori sforzi. I partecipanti al Summit hanno sottolineato che per alcuni Paesi saranno problematici anche i dati disaggregati per misurare ogni indicatore e hanno chiesto di non lasciare indietro nessuno. Quando gli indicatori non saranno disponibili, gli oratori hanno sottolineato la necessità di assicurare a ciascuno dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite un’appropriata capacità  di raccogliere i dati necessari per monitorare e valutare gli indicatori. Alcuni hanno fatto riferimento a questo elemento di attuazione come data revolution e molti hanno notato che l'Agenda 2030 sarà incompleta fino a quando questo processo non sarà finalizzato.  

Nei prossimi mesi si discuteranno le disposizioni organizzative da assegnare all’HLPF per chiarire le modalità di revisione dello stato di avanzamento dell’Agenda 2030, le responsabilità istituzionali e i temi annuali con la sequenza delle tematiche da considerare nelle revisioni, gli altri criteri del follow-up e il quadro di assessment

Mentre molti speaker salutavano i risultati della III Conferenza sul finanziamento di Addis Abeba, il cui documento finale è l’Agenda omonima, la AAAA, considerata come la strategia di finanziamento dell'Agenda 2030 (> vedi), è stato ripetuto, praticamente da tutti, che la vera eredità del 2015 sarà chiara solo una volta conclusa la Conferenza sul cambiamento climatico di Parigi. Data l'importanza attribuita alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, non è quindi sorprendente che molti governi abbiano dedicato il loro intervento ad illustrare le loro ultime posizioni sul cambiamento climatico. Molti relatori hanno ribadito la necessità di un accordo giuridicamente vincolante e molti piccoli stati insulari hanno ripetuto che si dovrebbe mirare a mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1.5 °C.

È di Nelson Mandela la citazione più ascoltata e più condivisa durante il vertice, quando diceva "A volte accade ad una generazione di essere grande". Retorica autoreferenziale? Vedremo. Quello che è certo è che i partecipanti al Summit si sono detti consapevoli che l'Agenda 2030 rappresenta l'ultima possibilità per portare il mondo su un percorso sostenibile ed si sono caricati della responsabilità di lasciare ai loro figli un mondo migliore.

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I resoconti giornalieri

2015, 27 settembre. Il terzo e ultimo giorno del Vertice per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite ha visto molte dichiarazioni di Capi di Stato alla dell'Assemblea generale plenaria delle Nazioni Unite, negli eventi collaterali e soprattutto nella riunione parallela informale di dialogo sul clima. I dialoghi interattivi hanno avuto infatti luogo la mattina e il pomeriggio sui temi della "Costruzione di istituzioni efficaci, responsabili e inclusive per realizzare lo sviluppo sostenibile" e "Proteggere il nostro pianeta e la lotta contro i cambiamenti climatici".

In una conferenza stampa dopo la pausa pranzo della riunione clima, il Presidente del Perù e François Hollande, Presidente della Francia, hanno informato la stampa sull’andamento della discussione, registrando l’aspettativa generale di un accordo a Parigi, ma ponendosi la domanda di quale potrà essere l’effettivo livello di ambizione. Nella stessa sede Ban Ki-moon ha detto che i leader presenti hanno convenuto su un accordo che accelererà l'utilizzo dell’energia pulita, in linea con il percorso dei +2º C.

Tra i leader mondiali che hanno affrontato la plenaria nel giorno finale del vertice ci sono stati Dilma Rousseff, Presidente del Brasile; Shinzo Abe, Primo Ministro del Giappone; Ahmet Davutoglu, Primo Ministro della Turchia; David Cameron, Primo Ministro del Regno Unito e Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti.

All'inizio della sessione plenaria di chiusura, nel pomeriggio, il presidente americano Obama si è impegnato a lavorare per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e ha esortato tutti ad agire, dicendo che sostenere lo sviluppo non è un atto caritatevole, ma l'investimento più intelligente che possiamo fare per il nostro futuro. Molti relatori hanno affrontato il compito di attuazione dell’Agenda 2030 e hanno annunciato i loro impegni nazionali verso il raggiungimento degli SDG, così come il sostegno che intendono fornire agli altri paesi.

Alla fine del pomeriggio, i co-presidenti dei sei dialoghi interattivi hanno presentato la sintesi di ogni dialogo.

Il presidente del vertice sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite ha in chiusura accolto con favore l'accordo globale sull’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, affermando che finalmente, abbiamo un accordo ragionevole e globale. Lui stesso ha concluso formalmente il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile alle 07:38 del pomeriggio di domenica e ha sanzionato l’approvazione dell’Agenda 2030. Ora la parola passa alla 70° Assemblea Generale che ratificherà l’Agenda.

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2015, 26 settembre. Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile è continuato sabato 26 settembre con i capi di stato e gli altri delegati che continuano le loro dichiarazioni nella seduta plenaria generale, che dura tutto il giorno e la sera. I dialoghi interattivi paralleli ha avuto luogo nella mattina e nel pomeriggio rispettivamente sui temi: "Promuovere una crescita economica sostenibile, la transizione e la promozione di consumi e produzioni sostenibili” e ”Portare avanti un rinnovata partnership globale".

La Cina, la Repubblica di Corea e altri paesi hanno annunciato impegni concreti per fornire il supporto ai paesi in via di sviluppo per raggiungere gli SDG.  Ha annunciato la istituzione di un fondo di 2 miliardi dollari per l’assistenza Sud-Sud e per la cooperazione per attuare gli SDG ed anche, tra gli altri impegni, un aumento degli investimenti nei paesi meno sviluppati a 12 miliardi di dollari entro il 2030.

Molti intervenuti hanno rimarcato la perdurante importanza degli aiuti pubblici e l'assistenza allo sviluppo (ODA), e ha esortato i paesi sviluppati ad adempiere agli impegni assunti. È il caso di ricordare che il nostro Presidente Renzi che, pur presente alla 70° UNGA, non  è venuto al Summit pur essendo andato alla terza Conferenza sul finanziamento dello sviluppo sostenibile di Addis Abeba, un importante evento di preparazione di questo Summit. In quella sede si era impegnato a riportare  il valore dell’assistenza allo sviluppo italiano al 7 permille entro l’anno. Alcuni oratori hanno anche richiamato la necessità di affrontare i flussi finanziari illeciti, l’evasione fiscale, la sostenibilità del debito e la ripartizione dei benefici acquisiti in settori come quello minerario.

Gran parte degli oratori hanno sottolineato la necessità di concordare un accordo ambizioso e durevole sul cambiamento climatico a Parigi, il prossimo dicembre. Altri hanno evidenziato il ruolo particolare che spetta al negoziato sul cambiamento climatico per dare una speranza di conseguire risultati di sviluppo sostenibile, data la sua natura trasversale e intersettoriale, tema caro ai leader dei piccoli Stati insulari e in via di sviluppo. Notevole il posizionamento di Islanda e la Svezia che hanno dichiarato di essere sulla strada di raggiungere la neutralità carbonica e un'economia libera dai carburanti fossili.

Tutti i leader hanno accolto con favore il lancio del meccanismo per la facilitazione del trasferimento di tecnologia, rilevando che gli SDG forniscono un modello per uno sviluppo guidato dall’innovazione.

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2015, 25 settembre. Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile ha iniziato i suoi lavori venerdì 25 settembre, presso la sede delle Nazioni Unite a New York con una plenaria di apertura, durante la quale i 193 delegati di tutti i Paesi hanno adottato per acclamazione l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il vertice sullo sviluppo sostenibile durerà tre giorni.

È il giorno della visita di Papa Francesco alla sede dell'ONU al mattino e dell’allocazione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite prima della plenaria di apertura ad alto livello. Nel pomeriggio hanno avuto luogo due dialoghi interattivi, su: porre fine alla povertà e la fame e lottare contro le disparità, l'emancipazione delle donne e delle ragazze non lasciando nessuno indietro. I leader dei paesi hanno iniziato le loro dichiarazioni in plenaria, proseguendo fino a tarda sera.

Inaugurando una nuova era di azioni nazionali e di cooperazione internazionale, la nuova Agenda impegna tutti i paesi ad adottare una serie di azioni che non solo devono affrontare le cause profonde della povertà, ma anche aumentare la crescita economica e la prosperità a cominciare dalla salute, l'educazione delle persone e i bisogni sociali, nel pieno rispetto dell'ambiente. Parlando alla cerimonia di apertura del vertice, le Nazioni Unite il segretario generale Ban Ki-moon ha detto: "Il nuovo programma è una promessa da parte dei leader di tutti i popoli in tutto il mondo. Contiene una visione universale, integrata, e propone una trasformazione per un mondo migliore. È un ordine del giorno per la gente, per porre fine alla povertà in tutte le sue forme, per una prosperità inclusiva, la pace e il partenariato, che trasmette l'urgenza dell’azione per il clima, si radica nella parità di genere e nel rispetto dei diritti civili. Soprattutto, si impegna a non lasciare nessuno indietro. La vera prova di impegno per l'Agenda 2030 sarà l'attuazione. Abbiamo bisogno di azione da parte di tutti, ovunque. Diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile sono la nostra guida. Si tratta di una lista di cose da fare per le persone e il pianeta e di un progetto per assicurarne il successo.

I nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, si basano sulle indicazioni delle decennali Conferenze delle Nazioni Unite e dell’ampio successo degli obiettivi del Millennio che hanno migliorato la vita di milioni di persone. La nuova Agenda riconosce che il mondo si trova ad affrontare sfide immense, che vanno dalla povertà diffusa, l'aumento delle disuguaglianze, le disparità enormi di opportunità, le capacità e il benessere, al degrado ambientale e ai rischi posti dai cambiamenti climatici.

Mai prima d'ora i leader mondiali si sono impegnati un'azione comune e nell’impegno in un tale programma ampio e universale della politica, afferma la dichiarazione adottata dai leader. Stiamo allestendo insieme il cammino verso lo sviluppo sostenibile, dedicando totalmente noi stessi al perseguimento di uno sviluppo globale e ad una cooperazione vantaggiosa per tutti che può portare enormi vantaggi a tutti i paesi e tutte le parti del mondo.

L'adozione ufficiale è arrivata poco dopo che Papa Francesco si era rivolto all'Assemblea Generale, dichiarando: "L'adozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile in occasione del vertice mondiale, che si apre oggi, è un segno importante di speranza. "

Il Presidente dell'Assemblea Generale definisce il l'Agenda 2030 uno strumento ambizioso per affrontare le ingiustizie della povertà, l'emarginazione e la discriminazione. Riconosciamo la necessità di ridurre le disuguaglianze e di proteggere la nostra casa comune, cambiando il modo di  consumare e produrre. E identifichiamo la immensa necessità di affrontare le politiche divisive, la corruzione e la irresponsabilità che alimentano i conflitti e frenano lo sviluppo.

Amnesty International dichiara che non si possono biasimare gli scettici, in quanto il divario tra il mondo in cui viviamo e il mondo che vogliamo è spaventoso. Aggiunge però che gli SDG rappresentano le aspirazioni delle persone e possono, e devono, essere raggiunti.

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2015, 25 settembre. La sessione di apertura del Summit

Shakira all'inaugurazione del SummitIl vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile si apre Venerdì 25 Settembre, presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Il vertice dovrebbe adottare l'Agenda dello sviluppo post-2015, ora rinominata Agenda 2030, che comprende diversi elementi: un preambolo; una dichiarazione; 17 Goal per lo sviluppo sostenibile (SDG) e 169 target di sostegno; i mezzi di attuazione (MOI) e il partenariato globale; e un quadro di riferimento per il follow-up e riesame dell'attuazione degli obiettivi. Questo pacchetto, dal titolo "Trasformare il nostro mondo: il 2030 l'Agenda per lo sviluppo sostenibile" (> leggi il testo della proposta di Agenda 2030), è stato concordato dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel corso di lunghi negoziati che si sono svolti dal marzo 2013 all'agosto 2015.

Circa 160 capi di Stato e di governo e 30 ministri partecipano al Vertice per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, insieme a oltre 9.000 delegati e circa 3.000 giornalisti accreditati. Per l'Italia è presente il Ministro dell'ambiente Luca Galletti. Il vertice è stato convocato come una riunione plenaria ad alto livello dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite,  ed è co-presieduto dai chairmen delle sessioni 69° e 70° dell'Assemblea, rispettivamente l'Uganda e la Danimarca. Prima della plenaria di apertura, Papa Francesco rivolgerà un'allocuzione all'Assemblea (> vai al resoconto e alle registrazioni).

Nel corso dei tre giorni del vertice, i leader nazionali e i rappresentanti di alto livello faranno dichiarazioni nelle sessioni plenarie, e parteciperanno a sei dialoghi interattivi in altrettante sessioni parallele. I dialoghi affronteranno una serie di temi: porre fine alla povertà e la fame; lottare contro le disparità, l'emancipazione delle donne e delle giovani senza lasciare nessuno indietro; promuovere una crescita economica sostenibile;  trasformare il sistema industriale e  promuovere  consumi e produzioni sostenibili; rivitalizzare e portare avanti una partnership globale; costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive per attuare lo sviluppo sostenibile; proteggere il nostro pianeta e  lottare contro il cambiamento climatico.

La plenaria di chiusura si terrà nel pomeriggio del 27 settembre, ci si attende, con l'approvazione del testo finale dell'Agenda 2030, la sanzione degli accordi di Addis Abeba (> vedi), e la istituzione di tutta la strumentazione necessaria per promuovere, attuare ed infine controllare e seguire i nuovi obiettivi dello sviluppo sostenibile, gli SDG (> vedi).

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2015, 25 settembre. Il saluto di Papa Francesco

Papa Francesco rivolge un breve saluto in inglese,  durante la visita iniziale alle Nazioni Unite, accompagnato dal Segretario Generale Ban Ki-moon (> ascolta il discorso di saluto)

In apertura del Summit, viene concesso a Papa Francesco uno spazio straordinario  in apertura dei lavori. Francesco, che aveva salutato in inglese il personale delle Nazioni Unite (> ascolta) parla in lingua spagnola per 50 minuti dedicando una parte sostanziosa all'emergenza ambientale, all'Agenda 2030 e alla prossima conferenza di Parigi, ammonendo i governi alla necessaria tensione morale in difesa della terra, dei poveri e degli esclusi, prime vittime della crisi ambientale. Punta il dito sulla prepotenza degli egoismi e degli interessi materiali e sulla cattiva gestione della politica e dell'economia. Chiama alla mobilitazione contro la guerra e le armi, facendo riferimento alle armi nucleari. Chiama in causa il grave problema del traffico di droga. (> ascolta la traduzione in inglese del discorso di Papa Francesco)

Ci sono, dice Francesco, ampi settori nel mondo senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo delle donne e degli uomini esclusi. Esiste un vero diritto dell’ambiente: ogni danno all'ambiente è un danno all’umanità fatto per la brama egoistica e illimitata di potere e di benessere materiale, che conduce tanto ad abusare dei mezzi materiali disponibili quanto ad escludere i deboli e i poveri. L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all’ambiente. I più poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati.

L’adozione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile durante il vertice mondiale che inizierà oggi stesso, è un importante segno di speranza. Confido anche che la Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico raggiunga accordi fondamentali ed effettivi. Ma non bastano gli impegni assunti solennemente, il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. Per questo bisogna evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli. Ricordando sempre che aldilà di piani e programmi, ci sono donne e uomini concreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono.

La ripresa totale audio-video del discorso di Francesco in lingua spagnola è qui di seguito.

  

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La preparazione del Summit

Nel settembre del 2000, i leader mondiali in occasione dell’Assemblea Generale del Millennio rilasciarono la Dichiarazione del Millennio, che chiese un nuovo partenariato globale per ridurre la povertà estrema. A seguito di questo evento, sulla base di consultazioni tra i rappresentanti delle istituzioni internazionali, sono state elaborati gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG). Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha presentato gli MDG all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2001. Gli Stati membri delle Nazioni Unite raccomandarono che gli MDG venissero utilizzati come guida per attuare la Dichiarazione del Millennio, e fissarono il termine del 2015 per la loro realizzazione.

Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno ora negoziato nuovi obiettivi globali, noti come Obiettivi dello sviluppo sostenibile, gli SDG, che proseguiranno il cammino degli MDG. Gli SDG sono contenuti in un quadro che da Rio+20 è noto come Agenda per lo sviluppo post-2015 e, più recentemente, come Agenda 2030.

La risoluzione dell'Assemblea Generale dell'ONU 69/244, adottata il 29 dicembre 2014, ha chiesto un Vertice delle Nazioni Unite sulla Agenda di sviluppo post-2015 (Summit per lo sviluppo sostenibile) che si terrà dal 25 al 27 settembre 2015 presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Un giro di due settimane di negoziati intergovernativi nel mese di luglio è riuscito a finalizzare l'ordine del giorno che i capi di Stato e di governo adotteranno durante il vertice di settembre.

I precedenti negoziati intergovernativi sull’Agenda 2030 sono stati incentrati su: bilancio (19-21 gennaio 2015); il testo della dichiarazione (17-20 febbraio 2015; SDG, obiettivi e indicatori (23-27 marzo); mezzi di attuazione (MOI) e partenariato globale per lo sviluppo sostenibile (21-24 aprile) e follow-up con la revisione finale (18-22 maggio). La sesta e ultima sessione di questa serie (22-25 giugno e 20-31 luglio) ha discusso l’intera "versione zero" dell'ordine del giorno post-2015. La fase finale dei negoziati si è svolta al di là dei tempi programmati di due giorni, e si è finalmente conclusa la sera di Domenica 2 agosto, con l'accordo dei delegati su un documento dal titolo "Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile" Questa agenda globale comprende diversi elementi: un preambolo; una dichiarazione; 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDG) e 169 target; gli strumenti di attuazione (MOI) e di una nuova partnership globale e un quadro di riferimento per il follow-up e il riesame dello stato di attuazione dell’Agenda 2030: un insieme di strumenti molto più ricco e puntuale di quelli a suo tempo disposti per l’Agenda 21.

Oltre 100 capi di Stato e di governo saranno presenti al Summit delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. I leader faranno le loro dichiarazioni nelle sessioni plenarie durante i tre giorni dei lavori, e avranno luogo contemporaneamente sei dialoghi interattivi sui temi cruciali dell’Agenda 2030. I dialoghi si concentreranno sui temi di: porre fine alla povertà e la fame; lottare contro le disparità, l'emancipazione delle donne e delle giovani per non lasciare nessuno indietro; promuovere una crescita economica sostenibile, la trasformazione e la promozione di consumi e produzioni sostenibili (SCP); proteggere il nostro pianeta con in prima priorità la lotta al cambiamento climatico; la costruzione di istituzioni efficaci, responsabili e inclusive per realizzare lo sviluppo sostenibile e un partenariato globale rafforzato per realizzare l'agenda sviluppo post-2015.

Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile lancerà un meccanismo tecnologico di facilitazione (TFM) per rispondere alle esigenze tecnologiche e di sviluppo delle capacità dei paesi in via di sviluppo. Il 26 settembre, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon interverrà ad un forum del settore privato. Il 27 settembre, il Servizio di Collegamento delle Nazioni Unite non governativa (UN-NGLS) e Il Progetto “Oltre il 2015” ospiteranno un evento della società civile.

Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile si svolge prima del Dibattito Generale della 70° sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

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13-16 luglio 2015: La Conferenza internazionale di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo sostenibile (FfD)

 

La Conferenza di Addis Abeba è il terzo evento dello sviluppo sostenibile per importanza del 2015 assieme al Summit di New York di settembre e la COP 21 di Parigi. L'Agenda 2030 è un progetto fortemente visionario, ma è anche di implementazione molto costosa. Ad Addis Abeba i leader mondiali hanno cercato modi per fare fronte finanziariamente agli obiettivi ambiziosi e costosi dello sviluppo sostenibile (SDG), che si propongono entro il 2030 di porre fine alla povertà e garantire la sicurezza alimentare in ogni angolo del globo. Dalle cifre di miliardi di $ in impegni di finanziamento si passa con la nuova Agenda alle  migliaia di miliardi di $. Secondo le stime delle Nazioni Unite, per i nuovi obiettivi saranno richiesti investimenti fino a 11.500 Mld$, 172.500 MLD$ in 15 anni.

Un progetto di documento finale per Addis Abeba era pronto il 7 luglio dopo una serie di sessioni di negoziato a New York tirate fino a tarda notte. Le ambizioni dell’Agenda 2030 sono evidenti, quindi è ovvio che il finanziamento deve riflettere questa ambizione. Il documento finale dice: "Le soluzioni per sostenere lo sviluppo sostenibile si possono trovare, anche attraverso il rafforzamento delle politiche pubbliche, mediante quadri normativi e finanziari a tutti i livelli, sbloccando il potenziale di cambiamento delle persone e di trasformazione del settore privato, e incentivando i cambiamenti negli investimenti al pari dei consumi e delle produzioni".

Il vertice arriva in un momento cruciale, poche settimane prima della Assemblea Generale UN a settembre, quando sarà concordata formalmente l’Agenda 2030 e gli SDG. Un accordo sul finanziamento per i programmi ambientali è del pari fondamentale in vista della Conferenza delle parti sul clima nel mese di dicembre, dove ci si aspetta dai governi un accordo globale sul clima, universale e vincolante.

Gli investimenti nazionali hanno rappresentato 1/3 di tutti i finanziamenti attualmente disponibili per paesi in via di sviluppo nel 2012, mentre gli aiuti esteri arrivavano appena allo 0,4% del totale. Questo finanziamento è tragicamente compromesso dall’evasione fiscale internazionale che costa ai PVS centinaia di miliardi di dollari ogni anno. Il documento finale concordato prescrive di:

• aumentare gli investimenti per lo sviluppo attraverso la mobilitazione delle risorse interne, soprattutto aumentando la riscossione delle imposte, la finanza privata, e gli aiuti pubblici  allo sviluppo internazionali;

• migliorare la cooperazione fiscale internazionale. Alcuni paesi spingono per un’Agenzia per la fiscalità globale, sostenendo che aiuterebbe i paesi più poveri assicurando loro un maggior gettito fiscale;

• ridurre i flussi finanziari illeciti entro il 2030, al fine di eliminarli del tutto. Si sa da tempo che questi flussi illeciti, accoppiati con una evasione fiscale aggressiva, con il rimpatrio di profitti e rimborsi del debito, stanno privando molti paesi delle risorse indispensabili per lo sviluppo;

• spingere per colmare il gap infrastrutturale globale nei paesi in via di sviluppo – compreso tra  1 ed  1.5 trilioni di US$ su base annua;

• impostare un nuovo patto sociale per fornire "sistemi di protezione sociale finanziariamente sostenibili e adeguati a livello nazionale e le misure relative";

• finanziare uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e climaticamente  resiliente. Il progetto di documento finale dice: “Saranno necessari investimenti pubblici e privati ​​in innovazione e tecnologie pulite, tenendo presente che le nuove tecnologie non possono sostituire gli sforzi per ridurre i rifiuti o l’utilizzo efficiente delle risorse naturali".

Le prospettive finanziarie sono sempre più incerte nel mondo e quindi trovare i soldi per pagare gli SDG sarà difficile. La crisi greca del debito, il rallentamento economico della Cina e una serie di emergenze umanitarie, compresa la guerra civile in Siria e la crisi migratoria in Europa, non meno che le spese militari, indirizzano altrove gli investimenti dei donatori;

Ci sono ancora altri problemi in discussione:

• Il ruolo del settore privato nello sviluppo sostenibile. È un tema particolarmente controverso, con alcuni ferocemente contrari ai partenariati pubblico-privato, mentre altri ci vedono grandi potenzialità.

• Il ruolo di assistenza allo sviluppo (ODA). I paesi donatori sono invitati a impegnarsi finalmente a destinare lo 0,7% del loro PIL in aiuti pubblici allo sviluppo entro la fine dell'anno.

• Avere una propria politica di sviluppo. Il progetto di accordo dice: "Ogni paese ha la responsabilità primaria per il proprio sviluppo economico e non si insisterà mai abbastanza sul ruolo sociale delle politiche nazionali e delle strategie di sviluppo". Il sistema di governance internazionale ha un suo ruolo da svolgere, però, attraverso il commercio, la politica monetaria, i sistemi finanziari e il rafforzamento della governance economica globale.

• Sviluppare linee guida per le responsabilità debitorie e creditorie nei prestiti sovrani e nei mutui.

• Migliorare la produzione dei dati per monitorare l'impatto della spesa per lo sviluppo e il progresso verso gli obiettivi.

• Erogare misure particolari per aiutare i paesi meno sviluppati, i paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo.

Di tutto questo cosa rimane nelle conclusioni?

Notiamo intanto che tra i paesi donatori, presenti prevalentemente a livello ministeriale, Italia e Svezia sono  gli unici due a intervenire a livello di Capi di Governo. Per la UE la delegazione è guidata dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini.

Per l’Italia, il primo obiettivo è rilanciare un suo ruolo da protagonista della Cooperazione allo Sviluppo dopo la crisi degli ultimi anni che ha portato a una contrazione dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Fa sorridere sentire, nel frasario politico corrente in Italia rispetto alla questione migranti, che dovrebbero essere aiutati nel loro paese, da parte dei molti che fingono di non sapere che l’Italia è tra i peggiori paesi inadempienti con gli Aiuti Economici allo Sviluppo (ODA). La sua media negli anni è dello 0,2%, cosa che significa che stiamo accumulando un debito di circa 7,5 Mld€ ogni anno, pari a mezzo punto di Pil a moneta corrente (dati OECD-DAC). 

Il Presidente Renzi ha però confermato, in linea con la UE, l’impegno a raggiungere il target dello 0,7% di aiuto pubblico allo sviluppo rispetto al PIL, senza dire quando, ed ha colto l’occasione per presentare la nuova Banca dello Sviluppo creata all’interno della Cassa Depositi e Prestiti con la riforma della Cooperazione del luglio 2014 e per dare un segno della volontà italiana di partecipare alla creazione di un “new deal internazionale” in cui si mettano in comune risorse, esperienze e culture in nome della solidarietà.

Il Programma d'azione approvato ad Addis Abeba (> scarica il programma) delinea i modi diversi che hanno i vari paesi di investire in un Piano ambizioso per porre fine alla povertà e garantire l'uguaglianza in pochi anni. Le Nazioni Unite, che hanno organizzato il vertice  per il finanziamento dello sviluppo (FfD), hanno presentato l’accordo come "una serie di misure coraggiose per rivedere le pratiche globali di finanziamento e generare investimenti per affrontare tutte le sfide economiche, sociali e ambientali". "Un partenariato globale avanzato che mira a promuovere la prosperità universale inclusiva, economica e migliorare il benessere delle persone nel pieno rispetto dell'ambiente".

Secondo alcune NGO il processo di FfD non ha portato nuove risorse per finanziare gli investimenti necessari per porre fine alla povertà, né adottato misure significative per affrontare i problemi nel sistema finanziario internazionale. Inoltre non c’è stata la capacità di impegnarsi per un organismo fiscale internazionale che includa la partecipazione delle nazioni in via di sviluppo. Più di 100 paesi in via di sviluppo rimarranno esclusi dal processo decisionale sulle norme fiscali globali. Secondo Oxfam il vertice ha prodotto norme fiscali truccate e la privatizzazione dello sviluppo.

Più moderati coloro che hanno visto  ad Addis Abeba un importante passo avanti, che offre un quadro globale per il finanziamento dello sviluppo sostenibile. I risultati di a Addis Abeba sono la base di una partnership globale per lo sviluppo sostenibile rivitalizzato che non lascerà nessuno indietro, hanno detto.

Allora, cosa è stato concordato?

L'accordo di Addis Abeba comprende più di 100 misure concrete, affrontando tutte le fonti di finanziamento, inclusa la cooperazione su questioni come la tecnologia, la scienza, l'innovazione, il commercio e gli aiuti ai i paesi in via di sviluppo per rafforzare i loro sistemi e le loro istituzioni tecniche.

I punti principali sono:

·        Un patto sociale: i Paesi si sono impegnati a istituire sistemi di protezione sociale, con gli obiettivi nazionali di spesa per i servizi essenziali come sanità e istruzione.

·        Riconferma del target di destinare lo 0,7% del PIL gli aiuti. Gli scettici potrebbero dire, tuttavia, che l'obiettivo ha già 45 anni di vita, e che solo una manciata di paesi hanno raggiunto l'obiettivo.

·  Sono stati dati gli impegni di raccogliere più tasse, combattere l'evasione fiscale e bloccare i flussi finanziari illeciti sia pure in assenza di un organismo fiscale internazionale.

·        È stato sottolineato il ruolo degli investimenti privati, con la promessa di creare ambienti abilitanti attraverso la regolamentazione e le politiche pubbliche. Ma alcune NGO avvertono che l'enfasi sulla finanza privata non porterà benefici alle persone più povere del mondo, ma consentirà al settore privato di utilizzare i soldi per lo sviluppo per generare nuovi profitti, mentre le norme per assicurare che le imprese rispettino i diritti umani sono solo orientamenti non vincolanti”.

·       I Paesi hanno concordato di lavorare insieme per finanziare le infrastrutture per l'energia, i trasporti, l’acqua e i servizi igienici, e c'è anche l'impegno a promuovere l'accesso a prezzi accessibili e stabili al credito per le piccole imprese.

·        Saranno creati altri organismi per affrontare alcune questioni difficili: un meccanismo di facilitazione per il trasferimento di tecnologia sarà creato con l’Agenda 2030; un Forum globale esaminerà le carenze nelle infrastrutture e identificherà le aree per gli investimenti. Sarà inoltre creata strategia globale per l'occupazione giovanile.

·        C’è una proposta di tassare le sostanze nocive come il tabacco per ridurre i consumi e aumentare i ricavi e una richiesta ai paesi sviluppati di attuare il loro impegno per un obiettivo di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di US$ all'anno entro il 2020 per rispondere alle esigenze dei paesi in via di sviluppo.

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Un crocevia strategico

Perché un'Agenda 2030 per il dopo 2015? Si tratta di un incrocio strategico tra scadenze delicate e strategiche per  lo sviluppo sostenibile e per il clima (> vai ai resoconti sulla lotta ai cambiamenti climatici). Entro il 2015 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrà aver approvato il nuovo quadro programmatico e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, dopo che il tempo degli obiettivi del Millennio è giunto a scadenza, per segnare il passo dello sviluppo per i prossimi 15 anni. A Parigi a fine 2015 la COP 21 della Convenzione globale contro i cambiamenti climatici dovrà varare il Piano globale della lotta ai cambiamenti climatici e universalizzare il limite di +2°C all'aumento della temperatura terrestre. Un anno cruciale il 2015 per il futuro del pianeta.

 

Si fa risalire alla COP 17 di Durban della Convenzione quadro per la lotta ai cambiamenti climatici dell'ONU l'accordo per negoziare entro il 2015 un atto climatico con valore legale per tutti i paesi che consenta finalmente di definire una politica comune per il clima, a partire dal 2020, al di là della originaria divisione del mondo in paesi impegnati nella mitigazione e paesi esentati. 

Dall'altra parte, dopo due anni di negoziati, la Conferenza di Rio+20  sullo Sviluppo sostenibile si è anch'essa conclusa con un documento di natura essenzialmente programmatica, intitolato The Future We Want, in versione italiana il Futuro che vogliamo, che avvia numerosi processi internazionali e nazionali su temi considerati cruciali per il futuro del Pianeta. Il documento riconosce formalmente il concetto di Green Economy, come elemento trainante verso lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà. Si tratta di un passo in avanti nella definizione degli strumenti anche se non  sono stati concordati né protocolli né scadenze. Fa eccezione, come sappiamo,  la adozione di un quadro decennale di programmi sulla promozione di modelli di produzione  e consumo sostenibili (il 10 YFP) che è un elemento chiave della Green economy. Approvato a Rio+20, è stato affidato dalla 67° Assemblea Generale ONU del 26 novembre 2012 (> vedi la Delibera al punto 5)  per l'esecuzione all'UNEP e per la supervisione all'ECOSOC che nomina a tal fine un board di 10 membri, due per ognuna delle regioni ONU. Tale quadro verrà però implementato dai vari paesi su base volontaria. A Rio+20 si chiude il ciclo di vita della CSD, la Commissione per lo Sviluppo sostenibile creata dopo Rio '92,  e si apre la strada per un Forum ad alto livello per lo sviluppo sostenibile.  L'UNEP viene resa universale e rafforzata, senza però divenire un'Agenzia indipendente del rango della FAO , della World Bank o dell'IMF.

Nel 2015 vanno a scadenza gli obiettivi del Millennio, i Millennium Development Goal, gli MDG, dopo 15 anni dalla loro adozione nell'Assemblea Generale del 2000. Uno dei risultati più importanti raggiunti a Rio+20 fu l’indicazione di procedere alla ridefinizione delle attuali politiche di sviluppo sostenibile attraverso l’individuazione di obiettivi universali definiti Sustainable  Development Goal (SDG’s). Tale lavoro dovrà essere complementare con quello già in corso per la revisione degli MDG e quindi per la definizione di quella che sarà la vera e propria Agenda per lo Sviluppo sostenibile nel post-2015.

Queste pagine hanno l'obiettivo di seguire l'Agenda 2015 e gli SDG e di estendere la partecipazione a entrambi i processi negli spazi della discussione pubblica nel nostro paese e in quelli che le Nazioni Unite e l'Europa si propongono di destinare alla consultazione attiva della società civile.

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Sintesi dei principi ispiratori dell'Agenda 2030

Un documento universale per aspirazione ed estensione, con obiettivi per tutti i paesi, applicabile a tutta l'umanità, concentrato sullo sradicamento della povertà in tutte le sue dimensioni,dovunque si trovi, e la promozione della prosperità e del benessere per tutte le persone che:

  • integra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile - economica, sociale, ambientale - tenendo conto degli insegnamenti tratti dalla revisione degli MDG e sulla base dei lavori per l'elaborazione degli SDG. Costituisce  un piano per uno standard  di vita al di sotto del quale  nessuna persona dovrebbe cadere, entro il 2030 al più tardi. Guida verso il progresso, la prosperità e il benessere, nel rispetto dei limiti planetari (planetary boundaries);

  • la prosperità e il benessere, e la stessa povertà  non hanno una definizione unicamente monetaria, ma sono multidimensionali e riflettono la capacità delle persone di crescere e di svilupparsi.

l'Agenda comprende, in modo integrato:

  • lo sviluppo umano di base, i driver di una crescita sostenibile e inclusiva e dello sviluppo necessari per una trasformazione strutturale dell'economia, per garantire la creazione di capacità produttive e l'occupazione mediante una green economy inclusiva in grado di affrontare le sfide del clima, e la gestione sostenibile delle risorse naturali;

  • temi come la giustizia, l'uguaglianza e l'equità, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, così come l'emancipazione delle donne e la parità di genere,  la pace e la sicurezza.

Gli obiettivi

  • devono essere in numero limitato e applicarsi universalmente a tutti i paesi, ma rispettando i diversi contesti. Devono essere adattati alle specificità nazionali e resi operativi;

  • devono essere elaborati in un modo che tenga conto della ricerca scientifica e della base di conoscenze. Obiettivi e  indicatori devono essere misurabili.

La trasparenza, l'attuazione e la responsabilità

  • La responsabilità di conseguire i risultati auspicati è prima di tutto nazionale. è necessaria la mobilitazione di tutte le risorse, nazionali e internazionali, pubbliche e private. I finanziamenti e gli altri mezzi di attuazione devono essere affrontati con un approccio globale e integrato;

  • l'Agenda deve essere sviluppata e attuata in stretta collaborazione con la società civile, compreso il settore privato;

  • occorre impostare  una timetable per cominciare ad agire a tutti i livelli, al fine di raggiungere gli obiettivi. La visione è fino al 2050 con gli obiettivi indicati per il 2030;

  • la base è la forte responsabilità individuale di tutti i paesi, associata a partenariati tra tutti i paesi e le parti interessate: i governi, la società civile compreso il settore privato e la comunità internazionale nel suo insieme;

  • sforzi devono essere volti a migliorare la coerenza a livello istituzionale;

  • un buon monitoraggio dei progressi, richiede che la base statistica venga rafforzata.

Coerenza

L'Agenda deve essere coerente con gli obiettivi concordati a livello internazionale e con i grandi temi, come ad esempio il cambiamento climatico, la biodiversità, la riduzione del rischio, e la protezione sociale.

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L'Agenda 2030

Il nuovo blueprint per lo sviluppo sostenibile

Il 1 settembre 2015 l'Assemblea Generale ha adottato la Risoluzione 69/315 con la quale ha trasmesso la "Agenda 2030" in un documento formalmente provvisorio intitolato "Trasformare il nostro mondo: il 2030 Agenda per lo sviluppo sostenibile" alla 70° sessione di settembre  per l'adozione nel corso del Vertice sullo sviluppo sostenibile.

L'Agenda ribadisce tutti i principi della Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo, tra cui, in particolare, il principio 7 delle responsabilità comuni ma differenziate, spesso richiamato come CBDR.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite celebra il suo settantesimo anniversario,  annunciando un'Agenda per l'azione globale per i prossimi quindici anni -  una grande opportunità per le persone e per il pianeta nel XXI secolo. Il futuro dell'umanità e del nostro pianeta è nelle nostre mani, in particolare nelle mani delle giovani generazioni di oggi che passeranno il testimone alle generazioni future. Abbiamo tracciato, da Rio ad oggi,  la strada dello sviluppo sostenibile che servirà per tutti noi a garantire che il viaggio nel futuro abbia successo e che i suoi vantaggi siano irreversibili.

Con l'Agenda 2030 viene adottata una decisione storica e di vasta portata, orientata alle persone,  completa di obiettivi e traguardi universali capaci di trasformare il modello di sviluppo. Tutti i paesi si sono impegnati a lavorare instancabilmente per la piena attuazione di questa Agenda entro il 2030.

Quasi quindici anni fa sono stati concordati gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, gli MDG, che hanno disegnato un quadro importante per lo sviluppo. In un certo numero di settori è stato registrato un progresso significativo . Ma il progresso non è stato uniforme, in particolare in Africa, nei paesi meno sviluppati, in via di sviluppo, senza sbocco sul mare  e dei piccoli stati insulari. Alcuni degli MDG sono rimasti lontani, in particolare quelli relativi alla salute materna, neonatale e infantile e alla salute riproduttiva. L'Agenda 2030 non li abbandona, anzi li rafforza e rafforza l'impegno per la piena realizzazione di tutti gli MDG, vicini o lontani che siano, in particolare fornendo un'assistenza mirata e in scala adeguata ai paesi meno sviluppati e ad altri paesi in situazioni particolari, in linea con i programmi di sostegno. La nuova Agenda si basa, si può dire,  sugli MDG, e cerca di completare ciò che questi non hanno raggiunto, soprattutto nel raggiungere le popolazioni e i territori più vulnerabili.

I 17 nuovi obiettivi dello sviluppo sostenibile e i 169 target dell'Agenda 2030 dimostrano la portata e l'ambizione di questa nuova Agenda universale. Cercano di completare ciò che gli obiettivi de Millennio  non hanno raggiunto e estendono ed ampliano la portata delle politiche a tutti i paesi, anche quelli avanzati, su  tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile, economiche, sociali ed ambientali.

I nuovi obiettivi entreranno in vigore il 1° gennaio 2016 e guideranno le decisioni  per i prossimi quindici anni. L'impegno di tutti i governi del mondo è di liberare il genere umano dalla tirannia della povertà e di guarire e proteggere il nostro pianeta. Stiamo decidendo, da oggi al 2030, di porre fine alla povertà e la fame in tutto il mondo; di combattere le disuguaglianze all'interno e tra i paesi; di costruire una società pacifica, giusta e inclusiva; di proteggere i diritti umani e promuovere la parità di genere e l'empowerment delle donne e delle giovani e di assicurare la protezione duratura del pianeta e delle sue risorse naturali. Stiamo decidendo anche di creare le condizioni per una crescita economica sostenibile ed inclusiva, una prosperità condivisa e un lavoro dignitoso per tutti, tenendo conto dei diversi livelli di sviluppo e delle capacità nazionali.

Stiamo ribadendo la nostra determinazione a proteggere il pianeta dal degrado, anche attraverso consumi e produzioni sostenibili e la gestione sostenibile delle risorse naturali, e ad agire con urgenza sul cambiamento climatico, in modo che  le generazioni presenti e future abbiano le stesse chance di sicurezza e di prosperità. Prendiamo atto con grande preoccupazione del notevole divario in termini di emissioni annue globali di gas serra entro il 2020, tra l'effetto aggregato degli impegni di mitigazione assunti dai vari paesi (gli INDC),  e i livelli di emissioni aggregate coerente con una possibilità di tenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2° o  degli 1.5 °C rispetto ai livelli pre-industriali.

Siamo determinati ad assicurare che tutti gli esseri umani possano godere di una vita prospera ed appagante e che il progresso economico, sociale e tecnologico avvenga in armonia con la natura. Tutti i paesi hanno rinnovato l'impegno a sviluppare  misure di progresso più ampie ed inclusive per sostituire il prodotto interno lordo (PIL).

Si tratta di una Agenda che ha l'ambizione di avere una portata e un significato senza precedenti. è importante e decisivo che sia stata accettata da tutti i paesi e che sia applicabile a tutti, tenendo conto delle diverse realtà nazionali, le capacità e livelli di sviluppo e nel  rispetto delle politiche e delle priorità nazionali, anche se la condivisione ha un evidente costo in termini di chiarezza e di efficacia degli obiettivi. Questi obiettivi restano comunque universali e e coinvolgono il mondo intero, popoli sviluppati e in via di sviluppo allo stesso modo. Essi sono integrati e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile. Mai prima d'ora i leader mondiali si erano impegnati ad un'azione   comune con  un tale programma ampio e universale della politica.

L'Agenda 2030 riconosce che l'UNFCCC è il forum intergovernativo internazionale principale per negoziare la risposta globale al cambiamento climatico. I paesi che sottoscrivono l'Agenda 2030 sono determinati ad affrontare con decisione la minaccia posta dal cambiamento climatico e il degrado ambientale. Il carattere globale dei cambiamenti climatici richiede la più ampia possibile cooperazione internazionale volta ad accelerare la riduzione delle emissioni globali di gas serra e ad affrontare l'adattamento agli impatti negativi dei cambiamenti climatici.

L'Agenda assegna alla finanza pubblica internazionale, un ruolo importante nel completare gli sforzi dei paesi per mobilitare risorse pubbliche a livello nazionale, in particolare nei paesi più poveri e più vulnerabili con risorse interne limitate. Il ruolo importante della finanza pubblica internazionale, in particolare degli ODA, che conservano il target del 7 permille del PIL, è quello di catalizzare ulteriore mobilitazione delle risorse da altre fonti, pubbliche e private. I paesi donatori riaffermano i rispettivi impegni, in particolare proprio l'impegno di molti paesi sviluppati a raggiungere  lo 0,7% di erogazione in favore dei paesi in via di sviluppo riservando lo 0,15-0,2% del PIL agli aiuti per i paesi meno sviluppati.

Nella sua parte conclusiva l'Agenda 2030 stabilisce l'impegno di tutti nel follow-up sistematico e nell'assessment della attuazione degli obiettivi per i prossimi quindici anni.

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L'Agenda 2015 della Commissione Europea

Il primo passo ufficiale dell'Europa sull'obiettivo 2015 per un'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile dal 2015 in avanti viene compiuto nel marzo 2013 con la Comunicazione della Commissione (COM(2013) 92 final) "A decent life for all. Ending poverty and giving the world a sustainable future". Questo documento non appare dotato della sufficiente ambizione né della capacità di fare i conti con le infinite e pesanti difficoltà che già avevano semiparalizzato Rio+20. Com'è noto nell'autunno del 2013, un evento speciale delle Nazioni Unite ha fatto il punto degli sforzi compiuti verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG) ed ha discusso i modi per accelerare i processi fino al 2015 e iniziare lo scambio di proposte su quello che potrebbe seguire dopo l'anno fissato per gli obiettivi del Millennio, il 2015.

Ci sono inoltre gli impegni assunti in occasione della Conferenza di Rio+20 che devono essere attuate anche attraverso  una green economy inclusiva.

Il punto di partenza della Commissione EU: la green economy inclusiva

Mentre le economie sviluppate e quelle emergenti rappresentano la maggior parte del PIL globale, sono queste ultime ad avere in mano i driver della crescita mondiale. L'equilibrio si sposterà ulteriormente, entro il 2025, a livello mondiale, quando si prevede che la crescita economica dovrebbe essere generata prevalentemente nelle economie emergenti, con sei paesi che dovrebbero rappresentare collettivamente più della metà  tutta la crescita globale.

Per i paesi sviluppati in questi anni, ma per tutti gli altri da sempre, la disoccupazione è un problema in aggravamento. Circa 200 milioni di persone sono senza lavoro, tra cui 75 milioni di giovani. I tassi di partecipazione femminile al mercato del lavoro spesso rimangono bassi, mentre i servizi sociali sono ancora limitati. Inoltre, circa  621 milioni di giovani nel mondo non vanno a scuola, non sono in  formazione, non sono occupati e non cercano lavoro, con il rischio di una esclusione permanente dal mercato del lavoro. Il lavoro nero e gli elementi fondamentali che caratterizzano un lavoro dignitoso, compresi i diritti sul luogo di lavoro e il dialogo sociale, sono fattori critici in molti paesi. La maggior parte delle persone povere nei paesi in via di sviluppo è impegnata nella piccola agricoltura o è costituita da lavoratori autonofinanziati. Molti stanno lavorando in condizioni non sicure e senza la tutela dei diritti fondamentali. Solo il 20% della popolazione mondiale ha accesso a un adeguata protezione sociale.

La partnership globale per lo sviluppo ha incanalato tutti gli sforzi nazionali verso il conseguimento degli obiettivi del millennio, gli MDG. Dal 2000, l'aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) è aumentato di quasi il 70% fino a 96 miliardi di euro, e la quota di aiuto pubblico allo sviluppo destinato ai paesi meno sviluppati (PMS) è più che raddoppiato. L'UE ei suoi Stati membri, collettivamente sono il più grande donatore, fornendo ogni anno 53 miliardi di euro in aiuti pubblici allo sviluppo (2011), più della metà degli  ODA globali.

Vi sono prove scientifiche schiaccianti e generale consenso che l'insostenibile uso delle risorse naturali è una delle più grandi minacce a lungo termine per l'umanità. Gli effetti del degrado ambientale e del cambiamento climatico si fanno già sentire e minacciano di annullare gran parte dei progressi già compiuti per sradicare la povertà, al pari dei disastri naturali. Non siamo sulla buona strada per mantenere l'aumento della temperatura entro i 2°C al di sopra della temperatura media della terra nella fase pre-industriale ed è pertanto probabile che si andrà oltre la soglia oltre la quale vi è un rischio molto più elevato che gli effetti catastrofici sulla le risorse naturali si verifichino.

Lo sviluppo e la crescita sono chiamati a contribuire alla prosperità umana e al benessere, ma anche a rispondere alle sfide ambientali, come ad esempio l'esaurimento delle risorse e l'inquinamento, che potrebbero aggravarsi nel tempo. Questi effetti negativi sono in gran parte a carico di quei 5,7 miliardi di persone che vivono  in un modo o nell'altro libere dalla povertà, che porta ad un aumento costante della domanda e del consumo globale, deteriorando progressivamente le risorse naturali.

La importante conclusione di questa premessa, articolata in una serie di gravi criticità [in verde nel testo precedente] è che il progresso e la stessa crescita vanno ricercati attraverso una green economy inclusiva, attraverso un consumo e una produzione sostenibili e perseguendo l'efficienza d'uso delle risorse e il basso consumo energetico. Rio +20 ha riconosciuto la  green economy nel contesto dello sviluppo sostenibile e dell'eliminazione della povertà come un importante percorso per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile, che deve essere messo in moto da un processo di sviluppo universale degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), a partire dal 2015.

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Lo sviluppo sostenibile e l'eliminazione della povertà nell'Agenda post-2015

A livello internazionale ed alle Nazioni Unite, gran parte del lavoro sullo sradicamento della povertà e lo sviluppo sostenibile è stato effettuato in due filoni separati ad opera di comunità diverse - uno derivante dalla Dichiarazione del Millennio e l'altro dalla serie dei vertici delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, ultimo dei quali è stato Rio+20 nel 2012.

In realtà, questi due filoni hanno sempre avuto elementi comuni, per esempio, le tematiche ambientali e lo sviluppo sostenibile si incontrano nell'obiettivo 7 degli MDG il cui fine strategico è però da sempre l'eliminazione della povertà.

Nella prima sessione, nel settembre 2013, del Forum politico ad alto livello istituito dalla Conferenza di Rio +20 per governare lo sviluppo sostenibile, sul tavolo c'è stato il follow-up degli impegni assunti a Rio+20 nel mese di giugno 2012. Il già citato Open Working Group on Sustainable Development Goals ha aperto i lavori sugli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (SDG) che dovrebbero essere universalmente applicabili a tutti i paesi, tenendo conto delle diverse realtà nazionali, delle capacità e dei livelli di sviluppo, nel rispetto delle politiche e delle priorità nazionali, dovrebbero includere le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile e devono essere orientati all'azione, concisi, facili da comunicare e in numero limitato. Nel post-2015 ci sarà bisogno di guardare verso il futuro e definire i driver per ottenere un futuro sostenibile, con una visione condivisa per il 2050. Gli obiettivi e i target dell'Agenda post-2015 dovrebbero puntare alla scala cronologica del 2030.

I driver per una crescita inclusiva e sostenibile

Sostanzialmente l'Agenda post-2015 chiederà a tutti i paesi una trasformazione strutturale in tutte le fasi dello sviluppo, basata sulla green economy, per orientare il mercato, per economie aperte che promuovono una crescita inclusiva e sostenibile, migliorano le capacità produttive, promuovono lo sviluppo del settore privato, gli investimenti e la creazione di ricchezza e garantiscono che i benefici siano ampiamente condivisi.  

A parere della Commissione  sarebbe di grande aiuto per raggiungere gli obiettivi stimolare le opportunità di crescita più inclusive e sostenibili, supportati da indicatori nuovi, oltre il PIL.

Particolare attenzione è dedicata alle città resilienti e sostenibili, che potrebbero apportare miglioramenti alla qualità dell'aria, dell'acqua, dell'energia, infrastrutture più accessibili, degli alloggi e dei trasporti, che portano a soluzioni che puntano sull'occupazione, la sanità, lo sviluppo economico e anche sull'adattamento al cambiamento del clima. Altri fattori importanti sono l'energia sostenibile, i servizi di telecomunicazione, la scienza e la tecnologia, i servizi finanziari, e i servizi alla cittadinanza.

La gestione sostenibile delle risorse naturali è essenziale per sostenere la crescita economica e l'occupazione, in particolare nei settori della produzione primaria come l'agricoltura, la pesca le foreste o i servizi come il turismo. L'obiettivo è di procedere verso un pianeta degradation neutral che può  contribuire alla crescita economica, alla tutela della biodiversità, all'uso sostenibile delle foreste, alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all'adattamento e alla sicurezza alimentare, migliorando nel contempo la qualità del suolo, riducendo l'erosione, le risposte ai rischi naturali e contribuendo ad arrestare l'occupazione di territorio.

Altrettanto indispensabile è la progressiva eliminazione delle sovvenzioni per l'uso delle risorse limitate, come ad esempio dei combustibili fossili.

Uguaglianza, equità e giustizia sono infine, ma non per ultimi, i paradigmi essenziali del benessere umano e della dignità. Questi principi,  sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nella Dichiarazione del Millennio, riconoscono  esplicitamente il legame tra i diritti umani, il buon governo e lo sviluppo sostenibile. Restano però un fine ancora lontano.

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Le consultazioni pubbliche dell'Europa per l'Agenda post-2015

La prima consultazione pubblica della Commissione europea  "Towards a Post-2015 Development Framework" è dell'estate del 2012. Alla scadenza del 15 settembre si contavano 120 contributi da parte delle autorità pubbliche e della società civile, di organizzazioni e di singoli individui, dal settore privato e dal mondo accademico.

Le conclusioni riferite dalla stessa Commissione sono per la verità piuttosto scontate, poco originali e per nulla propositive. Le raccomandazioni sarebbero in sintesi:

  • Attenzione allo sradicamento della povertà all'interno di una visione più ampia e globale dello  sviluppo sostenibile.

  • Integrare le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economico, sociale e
    ambientale).

  • Auspicio che il processo di sviluppo del post-2015 quadro avvenga con un forte il coinvolgimento di paesi poveri e della società civile.

  • L'Agenda sia universale, rilevante per tutti i paesi e con responsabilità condivise.

  • Privilegiare i driver per la crescita e la creazione di posti di lavoro anche attraverso il rapporto con il settore privato.

  • Migliorare la coerenza delle politiche ed il sostegno finanziario per lo sviluppo sostenibile.

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Le consultazioni pubbliche dell'Europa: il follow-up di Rio+20

Una ulteriore consultazione: “Ensuring Sustainable Development Globally: EU Follow-up to RIO+20” ha avuto luogo a cavallo del nuovo anno supportata dal Comitato Economico e Sociale Europeo, EESC.

Una gran parte delle 125 risposte, con una composizione dei soggetti del tutto simile alla consultazione precedente,  evidenzia la green economy come percorso inclusivo e privilegiato, ed indica senza esitazioni la necessità di adottare indicatori di là del PIL. Comune anche la richiesta di un quadro commerciale favorevole per l'ambiente, con la eliminazione delle sovvenzioni dannose per l'ambiente e l'introduzione di una fiscalità ambientale.

In materia di obiettivi per lo sviluppo sostenibile dopo il 2015, gli SDG, si chiede che essi prescrivano efficienza per le risorse e l'energia, regolino rifiuti e prodotti chimici, proteggano la biodiversità, introducano il consumo e la produzione sostenibili, sviluppino gli MDG per acqua e servizi igienico-sanitari, la protezione degli oceani e della pesca, promuovano il trasporto sostenibile, l'agricoltura sostenibile, la parità di genere, l'eliminazione della povertà, il cambiamento climatico e l'adattamento, la salute e la sicurezza alimentare.

Gli intervistati hanno sottolineato l'importanza di obiettivi chiari e di lungo termine a partire dagli accordi che sono già sul tavolo. Sul rapporto tra SDG e MDG, un problema ripetutamente richiamato dall'ONU,  c'è stato consenso sul fatto che un quadro programmatico di sviluppo post-2015 si deve fare carico della saldatura tra queste due fondamentali linee d'azione.

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Comitato Scientifico della

Fondazione per lo Sviluppo sostenibile

Via Garigliano 61a, 00198 Roma

Tel.: +39 06 8414815

info@susdef.it

www.fondazionesvilupposostenibile.org

Coordinatore: Toni Federico (email:federico@susdef.it)

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