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  Novembre 2011: Il Rapporto Mc Kinsey 
  
Resource Revolution: Meeting the world’s energy, 
materials, food, and water needs 
  
McKinsey Global Institute, McKinsey Sustainability & 
Resource Productivity Practice 
Questo Rapporto tratta in 
profondità il problema della scarsità delle risorse ed è quindi uno tra i 
massimi riferimenti per la Green economy. Nel corso del secolo passato i costi 
progressivamente decrescenti delle risorse hanno sostenuto la crescita economica 
globale. 
Nonostante la domanda di risorse quali energia, cibo, acqua e dei materiali 
sia cresciuta, essa è stata compensata dall’offerta in espansione e dagli 
aumenti di produttività con cui erano utilizzate le risorse offerte. 
Ma questo quadro 
relativamente benigno ora è cambiato. 
Il ritmo senza precedenti e la scala della crescita dell’economia nei mercati 
emergenti hanno continuato a spingere la domanda ed i prezzi per la maggior 
parte delle risorse sono aumentati con il passaggio del secolo. 
I prezzi delle risorse  e la loro volatilità potrebbero ancora aumentare con 
le nuove forniture di alcune risorse che diventa più costoso estrarre; inoltre i 
prezzi delle risorse diventano più interdipendenti e le ricadute degli effetti 
ambientali impattano sulla resa delle colture e sulla disponibilità di acqua.
Queste tendenze potrebbero alimentare il protezionismo e dare luogo disordini 
politici di varia natura. 
In assenza di interventi per 
ampliare l'offerta e incrementare la produttività delle risorse, l'economia 
globale potrebbe entrare in un'era di più elevati prezzi delle risorse, più 
volatili con un aumentato rischio di shock legati alle risorse. 
Ciò avrebbe conseguenze negative per la crescita economica, il benessere dei 
cittadini (in particolare quelli basso reddito), le finanze pubbliche e 
l'ambiente. 
Il Rapporto della Mc Kinsey 
si propone di offrire nuove intuizioni sul modo in cui la domanda di risorse si 
è evoluta e sugli scenari dei prossimi venti anni. Analizza come la domanda può 
essere soddisfatta attraverso l’allargamento delle forniture e una più alta 
produttività delle risorse con l'innovazione tecnologica che potenzialmente 
gioca un ruolo centrale con le nuove tecnologie che si sviluppano in tutti i 
sistemi di approvvigionamento delle risorse. 
Il Rapporto discute e quantifica i rischi aumentati per le risorse e per 
l’ambiente e le opzioni per affrontarli. 
Il Rapporto 
esamina anche ciò che i decisori politici e il settore privato dovrebbero fare 
per fronteggiare gli incombenti limiti delle risorse. 
Le teorie 
maltusiane che, ricordiamo, prevedono l’insufficienza tendenziale delle risorse,
 hanno 
trovato conferma in particolare nella
relazione
del Club di 
Roma 
sui limiti
alla crescita
nei primi anni 1970.
Ma la
tesi
dominante del 
20° secolo era 
che il 
mercato 
sarebbe venuto in aiuto per
fornire
un'offerta 
sufficiente 
e la produttività 
necessaria delle risorse. 
Questa tesi
si è in gran parte
dimostrata corretta 
fino a fine secolo, guidata da una combinazione
di progresso 
tecnologico 
e la scoperta di 
nuove fonti di approvvigionamento 
a basso costo. L’indice MGI
(McKinsey)
dei prezzi
in termini reali 
delle materie prime è diminuito di
quasi la metà
nel corso del
20° secolo,
benché la popolazione
mondiale
sia quadruplicata
e l’output economico 
globale 
sia aumentato di
20
volte, 
con una conseguente crescita della
domanda per le
diverse risorse
tra 600 e
2.000%. 
 
La scarsità 
prevista per i prossimi 20 anni
sembra
probabile che sia
molto diversa da 
quelle che si sono periodicamente verificate
nella storia.
Intanto ci saranno 
fino a tre miliardi di nuovi
consumatori della 
classe media (stimati 
oggi in 1,8
miliardi),
facendo salire
la domanda di
tutte le
risorse.
Questo
avverrà
in un momento
in cui trovare nuove 
fonti di 
approvvigionamento
ed
estrarle
sta diventando sempre più
difficile
e costoso, 
nonostante il miglioramento 
tecnologico. Il
degrado dell'ambiente,
esso pure causato
dalla crescita
del consumo di 
risorse,
aumenta
la vulnerabilità
dei sistemi 
di fornitura delle risorse.
Il cibo è
il caso più
evidente di
vulnerabilità,
ma  non l’unico. I 
cambiamenti 
dei regimi delle precipitazioni
e l'uso accresciuto 
dell'acqua 
potrebbe avere
un impatto
significativo sul
17% di energia 
idroelettrica, 
come anche
sulle centrali a 
combustibili fossili 
e sui 
metodi di
estrazione mineraria 
ad alta intensità di acqua. 
Non v’è 
altro rimedio che realizzare una rivoluzione della produttività delle risorse 
paragonabile ai progressi compiuti dalla produttività del lavoro nel corso del 
20° secolo, ma non sarà facile. Si stima che solo il 20% delle innovazioni sono 
facilmente realizzabili mentre circa il 40% sono difficili da realizzare a 
fronte di numerosi ostacoli. Inoltre, quand’anche l'aumento dell'offerta e della 
produttività delle risorse siano sufficienti  a soddisfare la richiesta di 
risorse, probabilmente non saranno sufficienti per impedire un riscaldamento 
globale al di sopra dei 2°C, che potrebbe già oggi essere inevitabile, o per 
alleviare la povertà di risorse che colpisce tante persone. 
Le 
ulteriori modifiche del mix delle fonti di approvvigionamento delle risorse e 
gli investimenti supplementari necessari per rispondere alle sfide del 
cambiamento climatico e della povertà delle risorse potrebbero a loro volta 
creare un salto in avanti dei prezzi. La ricerca Mc Kinsey suggerisce che uno 
sviluppo molto più rapido delle tecnologie delle energie rinnovabili potrebbe 
viceversa portare a un rapido declino in termini di costi. L’ energia solare 
potrebbe diventare disponibile a circa 1 $ per watt entro il 2020, rispetto a 
più di 8 $/W nel 2007 e 4 $/W nel 2010. 
I governi 
dovranno prendere in considerazione l’eliminazione di più di  1 trilione di $ 
sovvenzioni per le risorse, compresa l'energia e l'acqua, che oggi mantengono i 
prezzi artificialmente bassi e incoraggiare l'uso inefficiente di questi 
prodotti. Per affrontare il cambiamento climatico, i governi dovrebbero anche 
garantire, attraverso meccanismi come il mercato del carbonio, che i prezzi 
delle risorse catturino il costo del loro impatto sull'ambiente. I 
risultati
principali dei sette
capitoli di questa  vasta relazione 
si possono così riassumere: 
1.
I prezzi delle risorse 
progressivamente calanti hanno sostenuto la crescita 
economica globale nel corso del
20° secolo; 
2.
Il mondo potrebbe
stare entrando in un'era di
prezzi alti e volatili delle risorse. 
I fattori ambientali limiteranno
la produzione. La maggiore erosione 
del suolo, l'estrazione 
eccessiva di riserve di acque sotterranee,
l'acidificazione degli oceani, la 
deforestazione, gli stock ittici
in declino, gli imprevedibili
effetti moltiplicatori dei rischi 
del cambiamento climatico e
altri effetti ambientali non 
consentiranno la espansione incontrollata della 
produzione di risorse. C’è inoltre una crescente 
preoccupazione per le disuguaglianza.
Si stima che circa 1,3 miliardi di persone
non hanno accesso all'elettricità e
2,7 miliardi si affidano ancora alla biomassa tradizionale
per cucinare. Circa
925 milioni  sono sottonutrite
nel mondo e circa
884 milioni non hanno accesso all’acqua potabile.
La Banca Mondiale stima
che i recenti aumenti dei prezzi dei 
prodotti alimentari hanno spinto
44 milioni di persone in povertà
nella seconda metà del 2010 (anche 
se alcuni agricoltori, in genere i 
più grandi, ne hanno beneficiato).
Con la rapida diffusione tra i 
consumatori a basso reddito di tecnologie come i 
telefoni cellulari, queste persone hanno 
acquisito una voce politica più forte, 
circostanza che consentirà loro di rivendicare risorse e diritti. 
3. 
Soddisfare la futura domanda di risorse richiederà una grande espansione 
dell'offerta. Al contrario, dall’ottobre 2010 all’Aprile 2011, la Cina, l'India 
e il Vietnam, tra gli altri,  hanno contingentato l'esportazione di almeno 
trenta minerali, dai 25 nel corso dei 12 mesi precedenti  (dati WTO); 
 
4. Un passo in 
avanti nella produttività delle risorse è possibile. Per contribuire a scegliere 
le priorità per le iniziative di produttività delle risorse disponibili, Mc 
Kinsey ha sviluppato una curva integrata dei costi delle risorse (in figura). In 
questa curva sono state raggruppate più di 130 potenziali misure in favore della 
produttività delle risorse. All'elaborazione di questa curva Mc Kinsey ha 
dedicato uno specifico rapporto 
"Setting 
priorities for resource productivity" che espone in profondità le 
metodologie e i risultati del lavoro. 
 
Nella 
figura seguente 
sono indicate le prime 15 misure, che assommano circa il 75% dei vantaggi in 
termini di produttività totale delle risorse. Le prime tre opportunità 
porterebbero circa un terzo del potenziale totale. Mentre ciascuna misura ha una 
sola risorsa come obiettivo principale, ci sono spesso importanti benefici per 
 molteplici risorse, in particolare per il carbonio. 
Queste 15
opportunità sono: 
	
	Costruire
	l'efficienza energetica 
	Produzione
	crescente 
	delle 
	grandi aziende 
	
	Riduzione degli sprechi
	alimentari 
	
	Ridurre le  perdite 
	di acqua 
	potabile 
	
	Densificazione
	urbana
	(che 
	migliora l'efficienza
	dei trasporti) 
	
	Una maggiore efficienza 
	energetica nel
	settore 
	del ferro e dell'acciaio 
	
	Rendimenti
	crescenti
	delle piccole aziende 
	agricole 
	
	Aumentare
	l'efficienza dei carburante
	per i trasporti 
	
	Aumento della
	penetrazione
	dei veicoli
	elettrici ed ibridi 
	
	Riduzione
	del degrado del suolo 
	
	Migliore
	efficienza negli usi finali 
	dell'acciaio 
	 Aumentare
	
	 il recupero
	del petrolio e del carbone 
	
	Migliorare
	le tecniche
	di irrigazione 
	
	Trasferire il traffico 
	merci dalla 
	strada alla ferrovia 
	e alle vie d'acqua 
	
	Il miglioramento
	dell'efficienza delle 
	centrali elettriche   5. 
Ulteriori sforzi sono poi necessari per affrontare i cambiamenti climatici e 
l'accesso universale all'energia. Il semplice rilancio della produttività non 
sarebbe sufficiente a conseguire il contenimento delle concentrazioni di gas 
serra in atmosfera entro i 450-ppm. A questo fine le emissioni di carbonio 
dovrebbero essere ridotte da 48 Gt/anno a 35 Gt/anno nel 2030. Per mettere in 
atto questo piano, in funzione della velocità dello sviluppo tecnologico nelle 
energia rinnovabili, dovrebbero essere investito nei prossimi due decenni da 260 
a 370 miliardi di dollari l'anno. Questa cifra corrisponde ad appena il 60-90% 
dei sussidi oggi erogati ai combustibili fossili e potrebbe anche consentire una 
riduzione degli investimenti per l’adattamento. L’accesso universale all’energia  
consente a  tutte le persone l'accesso ad un’energia pulita, affidabile e a 
prezzi accessibili per cucinare, riscaldarsi, per l’illuminazione la 
comunicazione e gli usi produttivi. Occorrerebbero da 250 a 500 kilowattora per 
persona e per anno che costerebbero circa  50 miliardi di dollari all'anno per i 
prossimi due decenni. 6. Il 
Rapporto argomenta autorevolmente che affrontare l’agenda per la disponibilità 
delle  risorse richiede anzitutto la rinuncia ai pregiudizi nelle sedi 
istituzionali, nelle amministrazioni e nelle imprese. 7. 
Dall’altra parte le imprese devono riflettere su come adeguare la strategia per 
tener conto di una del tutto nuova modalità green  di uso delle risorse ed 
anche sui rischi e sulle opportunità ad essa connessi. 
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  Marzo 2010: LE ORIGINI DELLA CRISI ECONOMICA ED 
  AMBIENTALE 
   di Edo Ronchi, marzo 2010 La Grande 
  Recessione del 2008-2009 è stata innescata dall’esplosione di alcune bolle 
  speculative finanziarie. 
  Nella crisi finanziaria vi sono state responsabilità accertate sia di singoli 
  speculatori che hanno ingannato i mercati e i risparmiatori.  Partendo da 
  presupposti culturali spesso diversi, si va affermando una convinzione: per 
  avviare uno sviluppo durevole è oggi necessario puntare su uno sviluppo 
  ecologicamente sostenibile. Per una ragione fondamentale: le risorse 
  ambientali sono diventate scarse.  
 Continuare a 
scommettere su una crescita veloce potrebbe rivelarsi un terribile azzardo anche 
economico. Così come continuare a credere che il benessere possa venire solo da 
elevati tassi di crescita. La sostenibilità ecologica è diventata una “preoccupazione 
centrale” perché “pone la sfida di definire se, almeno, l’attuale livello 
di benessere potrà essere mantenuto nelle future generazioni”. Cominciano ad 
essere diffusi forti dubbi sul fatto che l’aumento del benessere sia prodotto 
dalla corsa al consumo.  Il consumo responsabile ed ecologico, il risparmio 
energetico, l’uso di energie e di risorse rinnovabili, il riciclo  si vanno 
ora estendendo e rappresentano una parte di crescente importanza anche per i 
mercati.  Il cambiamento, sollecitato da questa crisi, verso una nuova 
economia, più stabile, più sobria ed ecologicamente più sostenibile, offre anche 
grandi possibilità di sviluppo di nuove attività, di imprese e di occupazione. 
Le offre a chi le sa vedere e cogliere ...  (> 
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      I redattori propongono all'attenzione 
      dei lettori due preziosi contributi, per certi versi simmetrici, per altri 
      versi concorrenti. Il problema trattato è il rapporto tra democrazia 
      e sostenibilità nel quadro della crisi. Lo affronta il nostro Carlo 
      Donolo con accenti originali a partire dal profondo della cultura europea, 
      riferendosi alle nostre società capaci pur se non ancora sostenibili, alle 
      prese con la crisi più grave del dopoguerra e con le chiavi di soluzione, 
      prima fra tutte la green economy. 
      Lo affronta Amartya Sen nella sua 
      lectio magistralis tenuta a Roma nel maggio 2010. E' il punto di vista 
      di un economista liberale dello sviluppo che guarda dalla angolazione 
      delle società in transizione, non tutte approdate alla democrazia ma tutte 
      consapevoli del problema dei limiti e protagoniste nel movimento 
      internazionale per lo sviluppo sostenibile. Poichè Amartya Sen non ha 
      ancora autorizzato la traduzione, il testo in inglese che presentiamo va 
      considerato "fatto in casa" e, se talvolta potrà essere impreciso, 
      costituisce certamente una lettura preziosa. 
      
      FEBBRAIO 2010:
      PROVE E DILEMMI DELLA SOCIETA' 
      DEMOCRATICA 
      
      per
      parole chiave 
       di 
      Carlo Donolo, luglio 2010 
    
	 Finora il futuro della democrazia e quello 
    della sostenibilità hanno marciato per lo più separati, forse non del tutto 
    nei fatti, ma certo nelle riflessioni pubbliche ed anche nelle analisi 
    scientifiche. Si dà per scontato che la democrazia sia capace di trattare 
    questioni di sostenibilità, e che la sostenibilità trovi il suo ambiente 
    favorevole proprio in contesti democratici. Ci deve essere del vero, ma le 
    cose non sono così semplici come vorremmo. Ma qui ci poniamo specialmente il 
    problema di come le democrazia radicate a scala nazionale si comportano a 
    fronte della crisi ambientale e dei dilemmi della sostenibilità. La 
    sostenibilità diventa il test decisivo della capacità di governo democratico 
    dei processi. La democrazia come regime politico ha mutuato dall'economia, 
    da cui sostanzialmente dipende, i tempi brevi della valorizzazione. In 
    economia il tasso di sconto sul futuro è molto alto, ovvero gli interessi 
    generati in futuro valgono molto meno di quelli prossimi. La politica è 
    diventata subalterna al punto da accogliere lo stesso criterio. Ma la 
    sostenibilità è questione appunto di assegnare agli stati futuri del mondo 
    valori alti e non bassi. Nelle costituzioni tutto ciò viene detto. Le 
    pratiche democratiche non seguono. La sostenibilità non è il tema tra gli 
    altri, che si aggiunge alla lista degli interessi da servire, ma è il tema 
    che definisce gli altri. Nel contesto del climate change questo sta 
    diventando una verità insieme drammatica e lapalissiana. 
    I beni comuni globali poi come res 
    nullius sono stati assoggettati a una persecuzione feroce (emblematico 
    il caso dei cetacei, ma oggi ancor più il caso delle foreste pluviali o 
    delle zone umide). Si pone allora una questione impolitica: come devono 
    essere rappresentati questi beni in un processo rappresentativo? Qui la 
    democrazia attuale mostra tutti i suoi limiti. I beni comuni sono presenti 
    nel processo rappresentativo tramite le menti umane che li collocano nel 
    frame dei loro interessi ed identità. La politica lavora su questi 
    ultimi e intravvede i beni comuni solo occasionalmente: se c'è tempo e 
    denaro avanzato, se pensare ai beni comuni non danneggia interessi o 
    identità. Ma nulla può frenare il corso aggressivo della mercificazione, 
    appropriazione e monetarizzazione. Tanto meno lo vogliono in fondo i governi 
    democratici che devono far quadrare i bilanci. E tuttavia, la questione è 
    posta. Si deve trovare una modalità non riduttiva di 
    rappresentazione-rappresentanza dei beni comuni (qui li prendo a epitome 
    della questione ambientale e della sostenibilità) nei “parlamenti” 
    democratici. 
    Non solo questi universi di beni comuni 
    non sono attualmente rappresentati – se non blandamente e 
    compatibilmente con molte altre cose meno importanti ma più urgenti – ma si 
    consideri che, come è noto, la democrazia fa fatica a rappresentare le 
    future generazioni. Questo tema è fondante per la nozione di sostenibilità, 
    ma è stato anche ben approfondito in filosofia morale, diritto 
    costituzionale e teoria sociale. Solo la sostenibilità a partire da oggi può 
    garantire questo contesto decisionale aperto. Altrimenti quando diciamo che 
    quegli interessi non sono conoscibili e quindi non rappresentabili nel 
    processo democratico dobbiamo dire che non vogliamo garantire alle future 
    generazioni neppure le misere chance che abbiamo avuto noi. 
    Inoltre il ciclo politico è condizionato 
    da quello economico, e quindi per le riforme bisogna aspettare il momento 
    fortunato, alquanto raro, di una felice congiunzione dei due cicli. Sembra 
    però che in futuro ciò sia difficile da ripetere come nei 30 gloriosi. Si 
    potrebbe rovesciare allora la saggezza corrente ed assumere invece le 
    situazioni di crisi come opportunità di innovazione qualche paese lo fa 
    (magari la Cina stessa). La politica dovrebbe cominciare a sospettare che il 
    vecchio adagio va rovesciato: non “con la crescita del PIL ci saranno le 
    risorse per sistemare tutti i guai”, ma viceversa che “se non inizi a 
    sistemare ora i guai non potrai avere più nessuna crescita del PIL”. 
    La green economy è una modalità di 
    fare business con la sostenibilità e precisamente con l'offerta di 
    soluzioni che: riducono gli impatti, il consumo di materie prime ed energia, 
    riducono i costi di trasporto, l'ingombro degli imballaggi, con tecnologie e 
    processi che permettano se non di chiudere i cerchi almeno di abbattere di 
    un ordine di grandezza le quantità degli inquinanti e degli impatti 
    aggregati. Questa è una via maestra – nel contesto di economie avanzate e di 
    democrazie pluraliste – e dovrebbe funzionare.  Una parte del made in 
    Italy e delle distrettualità può ben riciclarsi su questo terreno e in 
    parte lo sta facendo, malgrado o grazie alla crisi ... 
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      MAGGIO 2010: SUSTAINABLE 
      DEVELOPMENT AND OUR RESPONSIBILITIES 
      
      by Amartya Sen, Rome, may 2010 
      
		 La 
      sostenibilità non è un argomento nuovo. La 
      sicurezza della vita umana è sempre stata ritenuta dipendere dalla forza e 
      dalla resilienza del mondo naturale che abitiamo. La natura, tuttavia, ha 
      mostrato in tempi recenti la sua vulnerabilità, e sembra sempre più 
      incline a lasciare a noi in uno stato di incertezza senza speranza. È 
      sempre più evidente la rapidità con cui si riduce lo strato di ozono, il 
      riscaldamento della terra, si inquinano i nostri fiumi e l'aria, si 
      portano molte specie all'estinzione, si distruggono le foreste, si 
      riducono le risorse minerarie, e si impongono altri scempi sull’ambiente 
      e, di conseguenza, sulle nostre vite. La nostra esistenza come esseri 
      umani è totalmente subordinata all'ambiente. La vita - la vita non solo 
      umana, ma qualsiasi tipo di vita così come lo conosciamo -, può 
      sopravvivere solo in un intervallo di temperatura molto ristretto  che è 
      poco più di 100 gradi Kelvin, un minuscolo granello di temperatura 
      rispetto alla variabilità di miliardi di gradi  dell'universo. 
      Ma 
      che dire dell'istituzione democratica? Che 
      differenza può fare? La democrazia comporta processi decisionali 
      partecipativi da parte dei cittadini di oggi, ma le vite che possono 
      essere più colpite dal danno ambientale, sono quelle degli uomini  del 
      futuro. Essi non sono, ovviamente,  membri partecipanti della 
      governance democratica di oggi. Come può l'attuale generazione 
      riflettere sulle sue responsabilità per la gente del futuro? 
      
      Circa 
      i gravi problemi della generazione presente, l’analisi economica ha 
      mostrato che la povertà e le carestie possono essere facilmente prevenuti 
      con l'azione pubblica, dato che le carestie non sono inevitabili, anche 
      con una ridotta disponibilità pro capite di cibo. La questione che si 
      pone, quindi, è quella di influenzare la politica pubblica. 
      
      Come influisce la democrazia sulla politica pubblica corrente? 
      
      Nella 
      storia delle terribili carestie nel mondo, non vi è alcun caso in cui si 
      sia verificata una carestia in un paese che è indipendente ed ha una 
      democrazia che funziona, con i partiti di opposizione che operano 
      liberamente, ed una stampa senza censura. Democrazie con libero dibattito 
      pubblico e assenza della censura governativa, forniscono i mezzi per il 
      perseguimento della giustizia sociale in moltissimi campi, e rendere 
      giustizia alla futura gente può essere un'efficace integrazione del libero 
      impegno democratico. Aprire la discussione pubblica è un buon mezzo per 
      mettere in campo le nostre responsabilità verso le generazioni future. 
      
      Così 
      la nostra responsabilità nel perseguire lo sviluppo sostenibile certamente 
      comprende il ruolo dei cittadini di oggi per discutere la difficile 
      situazione del mondo che si estende oltre la propria vita. 
      
      I 
      dibattiti non sono oggi intorno alla necessità di un accordo globale sul 
      comportamento ambientale, ma riguardano la divisione dei costi e delle 
      responsabilità nel la sfida globale. Siamo in grado di trarre vantaggio in 
      tutto il mondo attraverso vincoli obbligatori per abbattere il livello di 
      inquinamento globale. Ma diversi sono i punti di vista sul burden sharing 
      dei costi della crisi e della transizione. 
      
      Lo 
      sviluppo sostenibile è diventato il tema dominante in gran parte della 
      letteratura ambientale. L'idea ha ispirato anche alcuni protocolli 
      internazionali di importanza rilevante per un'azione concertata, e 
      motivato molti grandi raduni internazionali - come Rio de Janeiro nel 
      1992, Johannesburg nel 2002, e anche la conferenza sul riscaldamento 
      globale a Copenaghen del 2009. 
      
      Siamo 
      chiamati a pensare  non solo a perseguire la realizzazione dei nostri 
      bisogni, ma più in generale, si tratta di mantenere - o ampliare - la 
      nostra libertà (compresa la libertà di soddisfare le nostre esigenze). 
      Così ridefinita, la libertà sostenibile può essere estesa dalle 
      formulazioni classiche proposte dalla Brundtland e da Solow per includere 
      la conservazione e, quando possibile espandere, le libertà sostanziali e 
      le capacità degli uomini di oggi "senza compromettere la capacità delle 
      generazioni future" per avere altrettanta o maggiore libertà.
       
      
      Il 
      significato della nostra vita non può essere confinato nel piccolo ambito 
      del nostro tenore di vita, o dell’appagamento dei nostri bisogni. Certo, 
      abbiamo i nostri bisogni, ma la nostra qualità umana ci può portare ben 
      oltre.... 
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      AGOSTO 2010:
      ALLA RICERCA DELLE SOLUZIONI: 
       
      DALLA FRANCIA IL PROCESSO DI GRENELLE 
      E IL RAPPORTO STIGLITZ 
      di Paolo degli Espinosa, 
      Agosto 2010 
      
		 Per il suo carattere plurisettoriale, 
      integrato, economicamente strumentato, il processo Grenelle appare molto 
      più ampio e incisivo rispetto ai procedimenti “deboli”, perché 
      tendenzialmente marginali ed episodici dell’Agenda 21 o alle 
      strumentazioni altrettanto “deboli” dei ministri e assessori con 
      delega all’ambiente - ma non all’energia – collocati ai vari livelli 
      istituzionali. 
      La legislazione partecipata Grenelle è 
      il primo “ponte” storicamente disponibile che possa collegare la “politica 
      ambientale” con le necessità, come dice Giorgio Ruffolo (GazzettAmbiente, 
      n. 4, pag. 5) di “un modello nuovo, alternativo, di produzione e 
      consumo, obiettivo non perseguibile senza il largo consenso della 
      collettività e un coerente apprestamento delle risorse necessarie”. 
      Resta tuttora aperto, anche dopo l’avvio di Grenelle, il problema del 
      benessere individuale, quindi della “rotazione” delle esigenze in 
      accordo con Stiglitz.  
      La legislazione Grenelle,non provvede 
      esplicitamente al cambiamento della impostazione dell’economia e ad una 
      innovazione, realistica e incisiva, del benessere. Quando nel 2007 è stato 
      avviato il processo Grenelle, il Rapporto Stiglitz-2009 non era ancora 
      stato pubblicato, quindi Grenelle non poteva tenerne conto. Poteva bensì 
      dare più peso e più strumenti al tema del cambiamento delle esigenze, già 
      ben noto. Si può anche osservare, reciprocamente, che il rapporto Stiglitz, 
      da parte sua, avrebbe potuto citare il processo Grenelle come terreno di 
      sperimentazione e di intervento della nuova impostazione dell’economia e 
      del benessere .... 
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GIUGNO 2010: UNA CRISI COGNITIVA 
Considerazioni sullo stato della società 
italiana 
di Carlo DonoloDa tempo quando si riflette sulla 
      società italiana si fa ricorso alla parola crisi. E' un termine generico 
      che fa pensare all'esistenza di problemi seri. Ma quali? Siamo abituati a 
      parlare di crisi economica, specie nell'ultimo anno, ma del resto anche 
      come fenomeno ricorrente. Di crisi sociale, di crisi politica, pensando 
      all'instabilità dei governi, delle stesse maggioranze e colazioni.In primo luogo l'economia, in 
      genere, e più specificamente il debito pubblico, il mercato del lavoro, lo 
      stato di salute delle imprese. I sentimenti collettivi sono ambivalenti al 
      riguardo. Che ci sia crisi vuol dire in primo luogo “le cose che non 
      vanno” o che addirittura vanno sempre peggio: si pensa al reddito ai 
      consumi all'occupazione, giovanile ma non solo, dato che ora anche molti 
      adulti sono a rischio. Si pensa in termini di sicurezza urbana, di perdita 
      di certezze, e il diffuso disorientamento (non si sa da dove venga e dove 
      vada questa crisi, sebbene certamente ci travolga), fa propendere per la 
      ricerca di rassicurazioni vicine, tra famiglia, localismo e corporativismo 
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